Il coach Ivan Volpi: l’ascolto degli altri, la creatività e la bellezza.

bellezza, donna con bambina 28 Luglio 2023 07:00
16 min.

Ivan Volpi, coach e istruttore Mindfulness ci parla della sua professione e di come aiutare gli altri innanzitutto attraverso l’ascolto libero da giudizi e condizionamenti. Un ruolo importante lo hanno svolto la sua passione per le arti che lo aiutano nella creatività e nell’entrare in contatto profondo con le persone e i loro valori.

Quale potrebbe essere una sua prima definizione?

Una prima definizione che potrei dare è quella di una persona profondamente impegnata nell’aiutare gli altri nel loro percorso di presa di consapevolezza e sviluppo delle proprie ricchezze interiori, specializzata in Life & Mindfulness Coaching. Come coach, aiuto a nutrire la capacità di vivere nel momento e lasciare spazio alla presenza, per permettere a tutto il potenziale di emergere ed esprimersi.

Ivan Volpi
Ivan Volpi

Trovo fondamentale partire dal “non-fare” per lasciar emergere il tempo necessario alla riflessione e all’ascolto di sé, in un viaggio che dall’interno si apre all’esterno. Stare nell’adesso e non fare come primo atto e come prima intenzione, con pazienza e curiosità in un ascolto intimo e personale. Conoscere se stessi, individuare i propri talenti, trovare le proprie motivazioni, il senso delle cose, capire se stessi e come si comunica con gli altri, coltivare il proprio benessere come fonte ed energia per un vivere in maniera piena e consapevole le proprie esperienze, le proprie necessità e i propri obiettivi.

Quello che ha appena detto è anche una fotografia personale, mi sembra, non solo di una persona molto dedita al lavoro?

Sì, quello che ho espresso è specchio in primis del mio viaggio di scoperta interiore scandito dall’incontro tra mondo materiale/ esperenziale e spirituale. Negli anni ho compreso quanto l’ascolto libero da giudizi e condizionamenti di me stesso fossero la chiave per intraprendere un cammino di consapevolezza e piena realizzazione dove sicuramente la meditazione, elemento per me fondamentale, è stato il pilastro su cui poggiare e costruire passo dopo passo tale via di esplorazione.

Prima ha accennato al concetto del “non-fare”. Cosa intende?

Nella nostra società e cultura, soprattutto occidentale, siamo immersi nel “fare”, nel costante agire e reagire spesso automatico, chiusi tra un filo costantemente in tensione tra il passato e il futuro, dimenticandoci dell’unico momento reale in cui siamo, l’adesso. Corriamo fino allo sfinimento spesso senza rendercene conto e senza sapere il perché, come in quella storia zen in cui dei passanti osservano un uomo a cavallo correre a tutta velocità per i campi. Un uomo gli chiede: “Dove state andando così di corsa?” e lui risponde: “Non lo so, chiedete al cavallo”. Quell’intenzione del “non-fare” ci aiuta a connetterci con noi stessi, nel gesto consapevole del momento, permettendoci di rimanere semplicemente in ascolto e accogliendo con generosità ciò che emerge. Un modo per creare un ponte con i nostri pensieri, emozioni e sensazioni da cui partire. Come quando si apre il sipario a teatro, l’attenzione va a quel palco per un attimo vuoto ma in realtà carico di aspettative, sogni e desideri per l’esperienza che si vivrà dandoci il tempo di entrare in quello spazio. Un “non-fare” accompagnato dal silenzio, un silenzio che permette ai suoni e alle idee di esprimersi, di trovare linfa e terreno adeguato per crescere.

Lei è istruttore Mindfulness (protocollo MBSR). Come dialogano il coaching e la mindfulness?

La mindfulness può essere una generosa compagna di viaggio del coaching, aiutando a coltivare l’attitudine alla presenza. Possiamo immaginarla come un’energia che ci aiuta, ci guida e ci spinge ad aprire le porte al nostro spazio interiore, facilitando un dialogo profondo e vero con noi stessi abbattendo le barriere tra dentro e fuori. Da uno stato di concentrazione, consapevolezza ed equilibrio siamo in grado di affrontare con gentilezza, amore e piena sintonia con i nostri valori un percorso di risveglio e sviluppo. Come in una grande orchestra, gli strumenti del coaching e della mindfulness suonano in perfetta sintonia esprimendo tutto il potenziale della nostra sinfonia. Gioia e benessere emergono lungo il percorso, dando risposte a domande e necessità come il vivere con maggiore consapevolezza e pienezza, il trovare chiarezza ed equilibrio nell’affrontare un cambiamento e il giungere a un senso di maggiore realizzazione e appagamento.

Come è arrivato a questa professione?

Il mio viaggio è iniziato dalla passione per la bellezza, l’armonia, la creatività e la sperimentazione tipiche del mondo dell’arte. Dalle arti visive ho portato con me un modo di guardare alle cose con mente aperta, curiosità, attitudine all’incontro del potenziale ancora inespresso e desiderio di conoscere e promuovere la realizzazione di un’idea, di un progetto o, pensandolo dalla parte del coaching, di un percorso di autorealizzazione e sviluppo personale. Un approccio e una spinta naturale che mi hanno spinto poi verso il mondo dell’insegnamento e della formazione, prima di giungere alla tappa attuale, sempre con quei valori nel mio bagaglio.

Quando parla di arti visive, di arte a cosa fa riferimento? Ha avuto esperienze professionali in settori che hanno a che fare con le arti?

Le arti visive sono state una parte importante della mia formazione universitaria, che hanno trovato poi sbocco anche in campo professionale. Ho lavorato per un periodo nel campo della fotografia, dove hanno trovato spazio ed espressione quegli elementi per me tanto importanti come la creatività, l’entrare in contatto profondo con il soggetto, la sua storia e i suoi valori e dove è fondamentale lasciare uno spazio aperto alle opportunità del momento, alla curiosità, all’imprevisto e alla magia di incontri che possono scaturire in espressioni di piena libertà, sincerità e artisticità nel senso più ampio del termine.

Cosa significa per lei accompagnare gli altri?

Accompagnare una persona nel suo percorso è per me ogni volta un’esperienza speciale e un privilegio che permette ad entrambi di arricchirci e nutrire le nostre vite. Un accompagnare nella ricerca del senso e della verità per quella persona, aiutandola a portare luce a tutto il proprio potenziale. Uno stare nell’adesso, lasciando spazio e accogliendo con amorevole gentilezza tutto ciò che emerge e che potrà aiutare a “camminare” con sempre maggiore fiducia e consapevolezza. Un accompagnamento che è in sé un atto creativo all’interno di un laboratorio aperto a mille sperimentazioni, dove la persona può muoversi e provare in piena libertà e sicurezza. L’atto di accompagnare è qualcosa a cui sono profondamente legato, che ho coltivato costantemente durante il percorso di studi e lavorativo, con 15 anni di esperienza nel campo dell’educazione e della formazione in azienda in Italia e all’estero, dove ho lavorato in grandi aziende internazionali promuovendo progetti di crescita e consapevolezza all’interno di dinamiche di promozione di talenti. Il coaching è stato il naturale sviluppo, un cambio di prospettiva che mi ha permesso di avvicinarmi con un taglio interpretativo diverso alle stesse necessità di fondo, dal guidare verso il sapere ad accompagnare verso l’autorealizzazione all’insegna della connessione profonda con gli altri e con ciò che ci circonda, dove sostenibilità ed ecologia della mente si fanno elementi di sfondo e riferimenti.

Com’è il suo approccio alla persona?

L’avvicinarsi a una persona interessata al coaching è innanzitutto per me un atto di fiducia, fiducia incondizionata da instaurare tra di noi. Fiducia che naturalmente emerge quando ci apriamo a una comunicazione aperta, trasparente, dove l’ascolto si fa campo senza confini di ricezione e nutrimento di un terreno di semina di quella ricerca di senso e di sé, del nostro essere come fonte di qualsiasi desiderio, obiettivo o risultato che vogliamo ottenere nel fuori. Sono convinto che ogni persona sia uno scrigno di tesori che hanno solo bisogno di essere svelati, e qui può essere di aiuto l’accompagnamento di un coach, inteso come una figura di fiducia che possa essere presente, sempre in ascolto e fedele compagno di viaggio di un percorso di scoperta e presa di coscienza all’insegna di valori come l’altruismo, l’etica, la generosità, il rispetto pieno della persona e la cooperazione.

Qual è per lei una prima domanda “potente” da rivolgere al cliente?

La prima domanda è per me una “non-domanda”. È il lasciare il tempo necessario affinché ci si connetta all’adesso, nello spazio infinito e accogliente che il silenzio può regalare. Un primo atto di autoconsapevolezza, di connessione con se stessi, con il proprio respiro e il proprio “esserci” nel momento, da cui partire per un viaggio meraviglioso.

Torniamo alla “passione per la bellezza”. Fuori dalla sua attività lavorativa, dove e come incontra la bellezza?

La bellezza, come raccontato da artisti, poeti, filosofi e scienziati, ci invita e ci porta per mano alla scoperta delle meraviglie del mondo. Trovo la bellezza intimamente legata al nostro più profondo benessere, al trovare felicità e gioia nelle piccole e grandi cose. La bellezza colta nei petali di un fiore, nei colori vibranti di un sentiero di montagna, nei suoni del vento, nel muoversi delle onde del mare così come nel sorriso di una madre e del proprio bambino. Per me significa aprire i nostri sensi a tutto ciò che l’esperienza ci porta, assaporando ogni momento con gratitudine, come un dono che ad ogni passo la Terra ci offre.