Coach con un lunga carriera da manager in multinazionali private e istittuzioni pubbliche internazionali che hanno contribuito al successo di Viviana Siclari come coach. Nell’intervista leggerete come sia arrivata alla professione di coach dopo un percorso di crescita anche personale che l’ha vista indirizzarsi verso un nuovo progetto di vita.
Il suo percorso personale e professionale è molto variegato – ha vissuto e lavorato in paesi diversi e in ambienti multiculturali – ci racconta la sua storia e come è arrivata al coaching?
Uno dei miei più cari amici una volta mi ha detto: “Sei sempre stata alla ricerca di qualcosa e non ho mai capito che cosa fosse“. Con gli anni, ho realizzato che la conoscenza di me stessa, ma soprattutto l’apprendimento e la curiosità per l’altro sono i fattori che caratterizzano tutta la mia storia.
Sono sempre stata una persona riflessiva. Così, la scelta di fare filosofia all’università è avvenuta piuttosto naturalmente. Dopo la laurea e spinta dal mio desiderio di nuove esperienze è cominciata la mia avventura estera. Dapprima in Germania, con una borsa di studio e in seguito come insegnante di lingua italiana. Poi sono approdata a Bruxelles, dove mi sono specializzata nella consulenza in affari istituzionali dell’Unione Europea. Ho lavorato con aziende multinazionali, Istituzioni Europee e internazionali. Successivamente, mi sono trasferita a Lussemburgo, dove vivo attualmente, e dove ho lavorato presso la Commissione Europea e la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per una decina d’anni. Ed è proprio alla BEI che ho cominciato ad interessarmi a tematiche legate alla crescita personale e professionale da cui si è sviluppata la riflessione su come focalizzare le mie competenze e i miei interessi su un nuovo progetto di vita sfociato nel coaching.
In che senso?
Il coaching mi ha dato la possibilità di conoscermi e attraverso la comprensione di me stessa comprendere meglio gli altri, offrire loro la stessa opportunità. È la chiusura del cerchio iniziato con la filosofia e un ritorno all’essenziale: l’essere umano.
Cosa porta della sua esperienza all’estero al suo approccio di coaching?
Quando mi viene chiesto di raccontare il mio percorso professionale, parlo della comunicazione – intesa in senso lato come interazione con gli altri – e della multiculturalità come dei due elementi che ne costituiscono il filo rosso della continuità. Sono anche elementi che informano il mio approccio di coaching. La comunicazione è una tematica ricorrente portata dai miei clienti in coaching: come gestire conflitti e conversazioni difficili, come fare passare messaggi importanti, come motivare il proprio team. Ovviamente non parliamo soltanto del contenuto della comunicazione ma proprio della relazione e dell’interazione con l’altro. Si capisce quindi come altri elementi entrino in gioco.
Potrebbe fare qualche esempio concreto per chiarire il tema adell’interaziione?
Molti dei miei coachee lavorano in ambienti multinazionali – sono ad esempio italiani che vivono all’estero – oppure si tratta di persone che interagiscono al quotidiano con altri teams e dipartimenti che hanno formazioni e approcci lavorativi diversi. Pensiamo ad esempio alle interazioni tra un team che lavora nel marketing e un team di giuristi: due mondi paralleli che parlano lingue diverse e spesso non si comprendono con tutti i disagi che ciò comporta ad esempio quando si tratta di lavorare ad un progetto comune! In situazioni simili è importante valutare non soltanto le differenze nel nostro modo di comunicare, legate ad esempio alla nostra personalità, ma anche l’impatto che le differenze culturali – lingua e linguaggio utilizzati, formazione, specializzazione, nazionalità e quant’altro – possono avere sulla relazione. Vivere e lavorare con nazionalità di tutto il mondo, persone con ruoli diversissimi e in settori svariati mi ha permesso di imparare a cogliere l’importanza di questi aspetti. La diversità è ricchezza che va compresa e trattata con rispetto se vogliamo goderne.
Perché intraprendere un percorso di coaching ?
Intraprendere un percorso di coaching non significa andare a cercare da un’altra persona consigli su come risolvere le nostre difficoltà, come potremmo ad esempio fare con un amico. Si tratta piuttosto di vedere il coaching come un accompagnamento strutturato che ci permette di riflettere in maniera critica, di assumere prospettive diverse, di stabilire le nostre priorità e di metterci in azione in una direzione chiara con obiettivi che noi stessi abbiamo definito e che, per questo, siamo motivati a raggiungere. Un coach non insegna, non ha risposte, perché sarebbero le sue risposte ad una situazione che non è la sua. Una volta ho sentito definire i coach come persone che hanno fallito nella loro professione e che, una volta diventati coach, cercano di insegnare agli altri come fare quello che loro non hanno saputo fare. Niente di più travisato nel ruolo di coach! Oltre ad essere un accompagnamento strutturato, il coaching è un acceleratore, che ci consente di avanzare più velocemente verso le risposte e le soluzioni più adatte a noi. È un approccio ancorato nella realtà del coachee proprio per permettere una trasformazione tangibile e che abbia un senso per quest’ultimo.
E al di là del coaching, chi è Viviana Siclari?
Bella domanda alla quale è impossibile rispondere in poche righe! In ordine sparso e non di importanza: mi sento molto italiana ed europea allo stesso tempo, ma forse questo lo si è già capito! Sono un’avida lettrice da sempre, soprattutto di romanzi e autori di ogni genere: quando ero bambina mi isolavo nel mio mondo di lettura in classe, tanto da non accorgermi che la maestra aveva cominciato la lezione! Negli ultimi anni ho anche scoperto una certa passione per l’improvvisazione teatrale. Faccio parte di una troupe amatoriale in cui mi diverto un sacco e sperimento concretamente cosa siano l’accoglienza e la benevolenza autentiche. E poi sono mamma. Avrei potuto dirlo all’inizio come anche attraverso tutta l’intervista perché essere mamma è l’altro filo rosso che ha dato senso alla mia vita negli ultimi diciassette anni. Essere mamma mi dà l’opportunità di confrontarmi con me stessa quotidianamente. È un po’ come fare coaching 24 ore al giorno!