Prosegue il nostro cammino di conversazioni con le coach e questa settimana abbiamo avuto il piacere di dialogare con Cristina Cremonesi. Siamo riusciti a conoscerla meglio e avere qualche dettaglio in più sul suo metodo di lavoro e sui processi di supporto alle persone per le loro sfide. Cristina, come leggerete, ci ha anche aperto il suo quaderno di studi che l’hanno aiutata nella sua professione.
Cristina, come sei arrivata al coaching?
Ho sempre avuto un grande interesse per le persone e per la loro storia di vita. Mi piaceva ascoltare ombre e luci delle persone e cercare di supportarle per scoprire le risorse che avevano per aiutarle a superare le sfide che si trovavano ad affrontare. Per cui quando ho avuto l’opportunità di poterlo fare, anche attraverso un approccio come quello del coaching, ho colto l’occasione.
E quando è arrivata questa opportunità?
Alcuni partecipanti mi chiesero, dopo aver fatto con me un percorso esperienziale sulla leadership a forte impatto emotivo, un momento individuale di rielaborazione dell’esperienza . Questo consentiva loro di riorientare i feedback ricevuti in consapevolezza e di riconoscere i comportamenti che li facilitavano nella relazione con gli altri e quelli da evitare perché inefficaci. Il cliente acconsentì a questa richiesta ed iniziai vari percorsi di coaching.
Mi sembra che la tua base teorica sia comunque indirizzata alle persone?
Si, è stato il filo rosso conduttore anche delle attività e degli studi che ho fatto: filosofia, specializzazione in psicologia, master e seminari internazionali orientati all’empowerment e alla crescita delle persone.
Certamente le teorie psicoanalitiche di Sigmund Freud e Melanie Klein mi hanno aiutato a ad mettere al centro il rapporto terapeutico e a dare importanza al setting e alla situazione di tranfert che si crea nella relazione intersoggettiva.
Sono state importanti anche le teorie dell’apprendimento sociale come quelle di Rotter e Bandura con i costrutti del “locus of control interno ed esterno” . Chi crede di avere pieno controllo della propria vita attraverso le sue azioni o al contrario, chi attribuisce il suo successo o fallimento a cause esterne.
Questo mi ha consentito nei coaching di favorire il passaggio dalla learned helplessness (mancanza) di potere alla learned hopefulness (fiducia in sé nelle proprie possibilità).
Inoltre Massimo Bruscaglioni, con le sue teorie sull’empowerment, mi ha insegnato ad avere un pensiero positivo, ed aiutare le persone a costruire le tappe e i passaggi fondamentali di supporto allo sviluppo della proprie risorse e all’apertura di nuove possibilità .
Cosa significa per te l’impegno nel coaching?
Innanzitutto mi sono sempre chiesta che contributo posso dare/come posso essere agente di cambiamento e quindi che bene lascio agli altri e quali competenze mi servono per dare fiducia e power positivo alle persone. Già Aristotele pensava ad una gestione strategica più umana, basata sull’empatia ed altruismo per cui, a mio parere, sono necessarie competenze quali:
• una seria preparazione che ti aiuta a definire lo scopo e i valori organizzativi e personali
• l’utilizzo di tutti i livelli di intelligenza (razionale(emozionale, intuitiva)
• la capacità di percepire e comprendere gli altri e trascendere il proprio ego
• un’ acuta sensibilità che ti deriva dal fatto di saper utilizzare tutti i 5 sensi
• un cuore compassionevole che sia in grado di tollerare l’errore e renderlo esperienza di crescita e di vita
Oltre che il coach individuale quali sono i temi di cui ti occupi maggiormente?
Certamente la leadership avendo realizzato per importanti multinazionali esperienze innovative quali laboratori di “leadership development” ed “awareness center”, frutto di una metodologia all’avanguardia e di esperienze ed aggiornamenti continui maturati all’estero.
Un altro tema, essendo esperta di dinamiche di gruppo applicate al comportamento organizzativo, è quello del team coaching.
Con quali strumenti affronti il team coaching?
Ho costruito un percorso di “coaching circolare”: un processo di empowered work group che utilizza il gruppo come moltiplicatore di energie.
La funzione di coach è in carico all’intero gruppo, utilizzato come “contenitore e amplificatore” degli apprendimenti; attraverso uno scambio reciproco di cross feed back e cross coaching e una sequenza strutturata di dispositivi metodologici ad hoc le persone vengono accompagnate a passare da comportamenti consolidati ed abitudinari a comportamenti più consapevoli e sfidanti che richiedono visione, empowerment e proattività. Tutto ciò consente la socializzazione delle difficoltà e delle modalità per farvi fronte ed inoltre lo sviluppo di networking tra i partecipanti
Veniamo ora a qualche domanda sulla tua vita privata. Quando non lavori dove indirizzi le tue energie?
Sicuramente verso la musica. La amo perché ha la potenza di sollevarti e portarti in un’altra dimensione. Mia madre era insegnante di pianoforte e ricordo che da piccola, Bach e Beethoven erano di casa. Anche la cucina è una mia passione. In particolare mi dedico ai dolci e al mio preferito tiramisù all’ananas.
In realtà il viaggio, sia quello fisico che quello nella mente e nel cuore delle persone, è un’altra mia predilezione e mi hanno sempre affascinato i luoghi ricchi di natura e culture diverse.
Questo è stato un motore importante anche nella mia professione, perché ricordo che quando finivo di lavorare ed ero in un’altra regione diversa da quella in cui abito o nazione, mi è sempre piaciuto esplorare il posto in cui ero e soffermarmi a parlare con le persone per comprenderne, la cultura, le abitudini e a volte anche il loro vissuto.
Sei felice nel lavoro quando..
Ho aiutato una persona ad esprimere al meglio se stessa, le ho aperto delle finestre e le ho messo una paio di occhiali diversi per leggere la stessa realtà. Come dice lo psicologo e ingegnere, Massimo Bruscaglioni, ho creato delle “possibilitazioni”, ho facilitato il recupero del proprio sentimento di influenzare gli eventi, in una parola l’ho aiutata a sviluppare il proprio power inteso come aprirsi delle possibilità, altre pensabilità che poi traduci in nuovi comportamenti ed azioni.
In quei momenti senti che la persona ha “spiccato il volo” e percepisci la sua gratitudine.