Prosegue il nostro cammino per conoscere i coach e il coaching nella vita di chi ne ha fatto la propria professione. L’incontro di questa settimana è con Federica Raso, Psicologa e Coach con credenziale WABC con un’esperienza lavorativa in Organizzazioni internazionali, Università e come consulente in grandi aziende.
Oltre a essere Coach certificata, lei è anche psicologa, cosa dà il coaching rispetto a un percorso psicologico?
Io sono psicologa ma ci tengo a dire che ho fatto personalmente entrambe le esperienze, un percorso terapeutico e un percorso di coaching. Raccomando entrambi ma con finalità diverse. Il coaching ti dà davvero la sensazione di empowerment, ti aiuta a individuare le tue risorse e ad agire subito concretamente nella realtà, trasmettendoti anche un metodo trasversale per affrontare le sfide. Si adatta molto bene quando ci sono decisioni da prendere o situazioni contingenti che richiedono un piano di azione. La terapia agisce per un cambiamento più sostanziale e profondo.
Quali sono dunque le situazioni in cui raccomanderebbe il Coaching?
Vorrei andare dritta al punto facendo alcuni esempi. Il Coaching è un valido strumento ogni volta che:
Ci siano situazioni da valutare e decisioni da prendere
Si desideri sviluppare una competenza relazionale (soft skill) per gestire meglio una situazione specifica (es. la relazione con il capo, la gestione dei propri collaboratori, parlare in pubblico, la gestione del tempo, work-life balance etc.)
Si desideri fare un cambiamento nella propria carriera professionale e dunque si debba avviare un processo di bilancio di competenze e la creazione di un piano di azione per ricollocarsi (Career Coaching)
Si voglia focalizzare e raggiungere degli obiettivi
Cosa ottiene il coachee, ovvero il cliente, a livello di sviluppo personale?
I risultati diretti e indiretti di un percorso di coaching sono innumerevoli, per fare una sintesi generale direi che:
Si sviluppano nuove strategie di pensiero e azione
Si eliminano credenze limitanti e la paura del cambiamento
Si scoprono e esprimono nuove risorse e capacità
Si acquisisce un metodo per affrontare i problemi in modo proattivo e efficace
Si rafforza l’ottimismo, la speranza e la sensazione di essere capaci
Come ha incontrato il coaching e perché ha scelto di essere coach?
Era un periodo che ero smarrita, cercavo nuove strade professionali, una crescita come persona e un’area di specializzazione come psicologa. Così sono stata a un convegno sul coaching e ho provato una sessione, è stato illuminante. Abbiamo focalizzato in pochi minuti aspetti fondamentali per guidarmi nella mia scelta che non erano mai emersi nella terapia. Da lì ho capito che per tematiche più professionali e specifiche il coaching è uno strumento più adatto. Prendeva tantissimo dalla psicologia e il suo focus sul benessere e sullo sviluppo della persona era per me molto più stimolante che non il lavoro clinico sulla patologia. Così ho iniziato la mia formazione con un Master in Coaching Psychology, aperto esclusivamente a psicologi.
Può spiegarci meglio l’approccio della Coaching Psychology? Quali sono le differenze con altri approcci?
Beh si tratta di un approccio al coaching che si avvale dell’utilizzo di tecniche psicologiche di valore scientifico e che dà particolare rilievo al rigore metodologico. I suoi fondamenti sono quelli della psicologia positiva di Seligman ma si possono utilizzare anche strumenti di altri orientamenti, come l’approccio cognitivo comportamentale, che lo psicologo maneggia con un grado di consapevolezza in più. Esiste una comunità scientifica che porta avanti questi studi, la Society for Coaching Psychology Italy.
Inoltre gli strumenti del coach sono la relazione, la comunicazione, l’uso delle domande, aspetti sui quali gli psicologi si formano per oltre 6 anni, oltre allo specifico percorso di ocaching, dunque credo che sia una garanzia di professionalità e serietà.
Faceva riferimento alla psicologia positiva, in che modo contribuisce al benessere delle persone?
La psicologia positiva, che non si deve confondere con il pensiero positivo, mette fortemente l’accento sulle risorse e sulle potenzialità dell’individuo e ottiene il cambiamento lavorando sulla valorizzazione dei suoi punti di forza. Questo cambio di paradigma, che supera il focus sulla malattia e la mancanza, oltre ad avere una comprovata efficacia, fa sentire le persone responsabili e in grado di agire sulla propria realtà in modo positivo. È molto empowering e si presta perfettamente a essere utilizzato nel coaching dove il focus è sul presente, sulle risorse personali e sul raggiungimento degli obiettivi.
Dice sempre che un professionista è figlio della persona e delle sue esperienze di vita. Cosa può dirci di lei al riguardo?
Vivo il lavoro con passione, è difficile scindere ciò che faccio da ciò che sono e per questo ho sempre e solo accettato ruoli in cui sentivo di poter avere un impatto positivo sulle persone e sul mondo, sia quando ho lavorato per un’Agenzia ONU, sia all’Università Luiss o anche nella mia attività di coach e formatrice aziendale.
Amo migliorare le cose e quando vedo che le vite delle persone cambiano grazie al lavoro fatto insieme è una soddisfazione indescrivibile. Non c’è mai fine al nostro sviluppo, a come possiamo evolvere e a quello che possiamo scoprire.
Cerco di essere sempre aggiornata, sono molto curiosa e attratta dall’innovazione.
Amo viaggiare in modi avventurosi e ho sempre avuto una forte attrazione per tutto ciò che è estero, per questo ho molti amici stranieri e con loro coltivo la mia passione per l’inglese, il francese e lo spagnolo.
Mi butto in un sacco di esperienze e ho diverse passioni artistiche, come la recitazione e il canto che mi hanno fatto acquisire tecniche che utilizzo anche nel mio lavoro di coach.
Interessante questa intersezione. Potrebbe darci qualche dettaglio in più su queste sue passioni e sulla relazione tra l’arte e il lavoro di coach?
Ho seguito un Master in Conduzione di gruppi con tecniche espressive e vari anni di formazione di recitazione teatrale e cinematografica, da queste esperienze ho mutuato esercizi che mi sono molto utili quando lavoro sul Public Speaking e sulla comunicazione. La recitazione ti permette di lavorare sulle emozioni attraverso il fare, osservarti e riflettere.
Inoltre ho avuto diversi progetti musicali come cantante e al momento sono alle prese con il mio primo esperimento cantautoriale, ho scritto una decina di pezzi e dovrò poi selezionare i migliori da produrre. Un obiettivo che è stato a lungo nel cassetto ma che finalmente sto perseguendo.