Vivere il caos: intervista a Fabio Falleti

6 Luglio 2020 07:00
14 min.

Questa settimana incontriamo un altro coach della nostra piattaforma, Fabio Falleti che grazie alle sue numeorose esperienze prima e dopo il coaching ci racconta come affrontare le sfide e il caos, e quale valore può assumere il coaching per i clienti.

Fabio Falleti

Nel corso della sua carriera ha spesso ricoperto ruoli in aziende in riorganizzazione e ristrutturazione. Cosa può essere utile e condividere con i lettori?
Fin dal mio primo incarico mi sono trovato a lavorare in aziende, anche di grandi dimensioni, che stavano affrontando processi di riorganizzazione e ristrutturazione per rispondere sia ad esigenze interne che a cambi rapidi dei mercati. Il mondo della moda è per vocazione veloce presentando collezioni e capsule stagionali. Il tempo talvolta per coniugare strategia, risultati ed esecuzione è scarso. Ho così portato il mio approccio alla vita nel lavoro: per me il bicchiere è sempre mezzo pieno e penso a come far crescere e lievitare quello che c’è a disposizione massimizzandone il valore.
E come si procede?
In queste situazioni mi sono allenato ad essere lucido, centrato e a muovermi nel caos con un approccio concreto e costruttivo. Esattamente ciò che stimolo in un cliente di coaching che si trova in confusione e non sa come muoversi.
La mia ricetta è semplice: mettere ordine, dare priorità e vivere il caos con quel distacco utile a far emergere e seguire l’intuizione che mi porta a vedere soluzioni e opportunità. Un grande impegno quotidiano nel gestire la responsabilità di un lavoro che impatta sulle risorse umane e sul loro futuro, sulla motivazione e coinvolgimento.

Una delle situazioni più deleterie?
Guardi, c’è una frase ricorrente, foriera di pessimi comportamenti, e che ho fermamente combattuto ed è: “abbiamo sempre fatto così”. Rispondere alla reticenza ad accettare e promuovere il passaggio verso il nuovo mi ha poi spinto ad essere di esempio per le mie risorse e per i miei colleghi manager. Ho condiviso, reso partecipe le risorse degli obiettivi e dei processi creativi, dedicato molto tempo alla loro crescita e sono stato al loro fianco per stimolare la scoperta e entrare in nuovi territori che non erano prima stati considerati o non ce n’era necessità. Paura di sbagliare? Certo, ma stare fermi sarebbe stato peggio che non agire.
Tornando alla sua domanda iniziale sugli insegnamenti direi che essere manager in contesti di riorganizzazione e ristrutturazione mi ha dato le coordinate per sviluppare doti di grande diplomazia, capacità relazionale con gli stakeholders, essere centrato, sviluppare un senso di appartenenza e integrazione con il team, essere focalizzato verso l’obiettivo che guida le decisioni strategiche e operative, semplificare la complessità e valorizzare ciò di cui si dispone.

In questi anni il ruolo e i contenuti delle Risorse Umane sono cambiati. Quali sono le trasformazioni più significative?
Le aziende oggi sono realtà complesse in cui lavorano e convivono più generazioni con differenti bagagli valoriali e approccio al lavoro. Mi riferisco a manager e risorse appartenenti ai Baby Boomers e Generazione X che convivono nella stessa organizzazione con Millenials e Generazione Z, cresciuti in contesti economici, sociali e tecnologici dal rapido cambiamento.
Le Risorse Umane oggi sono la funzione strategica per creare l’ambiente di lavoro in cui ogni risorsa sia valorizzata e legata alla cultura aziendale e ai suoi valori, per selezionare i migliori talenti per l’organizzazione.
Il manager di HR è una figura chiave che vede oltre le differenze generazionali e trova la chiave per unire aspettative, creare valore economico e umano, strutturare un pensiero comune che unisce e valorizza i singoli talenti nel bene comune dell’azienda fornendo formazione e processi di fidelizzazione e premio dei dipendenti.
Perché il coaching come nuova professione?
Ad un certo punto del mio percorso professionale e personale ho avvertito un’inquietudine di fondo. Mancava qualcosa. Volevo ampliare le mie competenze manageriali, volevo cambiare vita ma non avevo il coraggio di abbandonare la mia comfort zone.
Spesso gli eventi della vita non accadono per caso: un licenziamento inaspettato mi ha costretto a confrontarmi con un cambiamento radicale e ad abbandonare alcune certezze. Ho, così, scelto il mio coach che mi ha stimolato a disegnare il nuovo percorso di vita e ad aprire la porta del coraggio per costruirlo giorno per giorno.
Mi sono così ritrovato ad applicare la ricetta di cui parlavamo sopra a me stesso: fare chiarezza, lasciare andare il passato e le paure di affrontare un cambiamento, scegliere un percorso di formazione, trovare un nuovo equilibrio professionale dove esprimere me stesso, continuare a lavorare con le persone come facevo con i miei team.
Avendo provato l’efficacia e la potenza di questo strumento, ho pensato di metterlo a disposizione degli altri.
Il coaching è un dono e un regalo che una persona fa a sé stesso per migliorare la propria vita.
Sono, oggi, un Life e Business coach professionista con certificazione ACC di ICF felice della mia scelta e appassionato del mio lavoro.

Come utilizza il coaching con i suoi clienti? Chi si rivolge a lei?
Forte della mia esperienza ventennale in azienda e di processi di riorganizzazione e ristrutturazione, i miei clienti sono oggi principalmente aziende che stanno affrontando momenti di cambiamento, liberi professionisti con un percorso personale simile al mio e piccole realtà imprenditoriali.
Lavoro molto sullo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva. Applico tra l’altro il modello delle Four rooms of Change che è una teoria che si occupa del cambiamento: aiuta a comprendere come le persone si sentono in un contesto e come reagiscono quando il contesto intorno a loro cambia. Partendo dalle emozioni, si individua in quale delle quattro stanze o stati mentali (Appagamento, Autocensura o Negazione, Confusione, Ispirazione) si trova il cliente per stimolare il passaggio ad uno stato migliore o mantenimento dello stesso.

Prima di iniziare quest’intervista lei mi accennava che un elemento fondante della sua cultura è il viaggio…
È la mia grande passione. Il viaggio è una scoperta e un lasciarsi andare nella realtà di nuove culture e luoghi per entrare in contatto con il mondo e la diversità. Quando salgo su un aereo e inizia la fase del decollo, il momento dello stacco dalla pista mi trasmette grande energia e attiva la mia fantasia: inizio a fantasticare, a immaginare cosa troverò all’arrivo. Non sono un viaggiatore che parte con una pianificazione dettagliata di cosa farò, quali luoghi visiterò e quando, dove mangerò. Prevale lo spirito di avventura e il perdermi nella scoperta. Unica pianificazione è l’alloggio dove riconosco di essere esigente. Vuole ricordarcene uno dei suoi viaggi?
Ricordo quello in Siria nel 1998. Un paese magico, ricco di storia, cultura, religioni, paesaggi. Salire sulla corriera da Damasco diretto a Palmira è ancora impresso nella mia memoria: mi addormentai per il caldo e quando aprii gli occhi il paesaggio intorno era desertico, duro, di terra rossa e pietre. Dopo ore, all’orizzonte intravidi le colonne del Tempio di Baal, un tuffo nel passato, un’emozione indescrivibile. Arrivato a destinazione, mancava un’ora al tramonto, il sito archeologico era ormai chiuso. Così mi avventurai e salii su una corriera sgangherata con un autista che ci portò in cima ad una collina percorrendo una strada sterrata stretta, ad ogni curva un tuffo al cuore ma la magia si svelò presto. Palmira era sotto i miei occhi, il sole all’orizzonte stava calando, i colori presero un colore giallo rossiccio e la testa volò al desiderio di voler condividere quel tramonto con un amore concluso, un amore che mi emozionava ancora. Il sole cadde e le lacrime rigarono il mio volto. Iniziò la rinascita e un nuovo cammino.
Il viaggio è scoprire di luoghi e culture, di incontri con persone che ti entrano nel cuore ma soprattutto è per me un viaggio interiore, la capacità di godere di semplici momenti. Una catarsi per lasciar andare il passato, vivere il presente e pensare al futuro.