Antonella Santi ci racconta di empatia, mental coaching e di obiettivi centrati

27 Ottobre 2020 07:00
15 min.

Antonella Santi è una Professional Certified Coach e svolge da molti anni il suo lavoro anche come Mental Coach. In questa lunga chiacchierata con Antonella Santi ci ricorda di alcuni percorsi felicemente conclusi, di come utilizza il mental coaching e delle sue passioni come la danza e la lirica.

Antonella Santi
Antonella Santi

Mi sembra di capire che l’empatia sia una delle condizioni fondanti della sua attività. Quando e in che modo se ne rende conto? È un momento nel quale entrano in gioco particolari sensazioni?
L’empatia è uno degli elementi fondamentali nella relazione di coaching, come in tutte le relazioni.. Bisogna essere capaci di trasmetterla, come coach, ma anche di recepire le emozioni o gli stati d’animo del coachee per poter favorire il lavoro di esplorazione e di cambiamento.
In alcuni momenti particolarmente significativi si percepisce molto questo scambio emotivo. Personalmente avverto l’emozione attraverso il suono della voce che mi colpisce e che mi comunica il vero messaggio del mio cliente…

Nel suo profilo su Doyoucoach ha scritto che nel mondo aziendale ha finito con l’incontrare “persone interessanti da scoprire e stimolare con il coaching”. Ci spiega cosa intende e se questa è stata una delle ragioni della sua scelta di fare coaching?
Si certo, per me è stata ed è una continua scoperta il lavoro sulla persona. Molto spesso ci etichettiamo o veniamo etichettati da altri e viviamo con delle convinzioni o degli assunti che ci portano ad agire secondo quegli schemi che abbiamo o ci hanno costruito attorno. Ecco con il coaching si rompono gli schemi e si fa emergere la parte più vera e più potente di noi. Ed è qui che si fanno le scoperte più belle e più ricche di contenuti.
Lei ha colpito nel segno con la domanda: sono curiosa per natura e questa curiosità mi spinge spesso ad avventurarmi e a non arrendermi davanti ad una dichiarazione conclusiva o ad un tentativo di chiusura da parte delle persone. Sono convinta che oltre al “sono fatto cosi, non ci posso fare nulla” c’è un magnifico mondo sconosciuto ancora da scoprire e su cui contare per determinare nuove scelte e compiere tanti percorsi inimmaginabili.

Una lunga esperienza di coach: ci racconta un caso di life coaching e uno di business coaching particolarmente esaltanti per la /il coachee?
Certamente e ce ne sono alcuni che mi sono rimasti nel cuore: riguardo al life coaching potrei raccontare tanti esempi, ma quello che più mi ha colpita è un caso di una donna appena divenuta mamma e che al rientro dalla maternità in azienda ha dovuto scontrarsi con la sua nuova immagine di donna lavoratrice e mamma. La maternità le aveva azzerato i suoi interessi e le aveva creato distanze troppo ampie tra la sua vita di sempre e la nuova realtà, nel senso che aveva perso le abitudini personali, quelle sociali, per dedicarsi con la mente e con il corpo (ovviamente in modo eccessivo) al bambino appena nato. Il lavoro è stato molto impegnativo, ma gratificante per i risultati bellissimi ottenuti. La cliente ha non solo recuperato la sua consapevolezza dell’essere donna e di aver diritto alla “normalità” di una vita propria, nonostante il figlio, ma ha anche trovato il tempo per coltivare un hobby mai coltivato prima per mancanza di spazio nelle sue giornate. Quindi è stato un impegno profondo ed intenso che è difficile da raccontare a posteriori, senza quel sapore di paura, di emozioni, di sensi di colpa completamente trasformati in gioia ed entusiasmo!
Per il business coaching posso condividere un caso che è stato davvero un successo. Diversi anni fa, 2015 esattamente. Si presenta un uomo che era al buio. Aveva deciso con coraggio di abbandonare il suo lavoro di geometra presso uno studio professionale, perché aveva in mente un sogno. Un qualcosa che bussava dentro da tanto tempo: realizzare una pasticceria o qualcosa di simile, per mettere in pratica ciò che aveva imparato a fare e che amava tanto, un dolce tipico della sua zona. Era però spaventato, disorientato, non sapeva da dove partire e se partire davvero. Il percorso seguito con impegno, con vero committment ed engagement, affrontando le sfide delle sue idee bloccanti, del giudizio degli altri e di una parte di sé che lo sabotava continuamente. Alla fine ha vinto il suo sogno, appena ha visualizzato il suo vero obiettivo e che ha mantenuto vivido fino alla fine. Dopo i primi risultati dei passaggi del suo action plan è cambiato tanto, i suoi occhi hanno iniziato a brillare di possibilità e concretizzazione….. Che dire? Sono andata più volte a trovarlo in negozio, ho assaggiato i suoi prodotti: ce l’ha fatta, e un poco anche io.
Alla fine di tutto, è necessario ribadirlo, affinché il coaching funzioni a livello profondo, e possa dare risultati concreti, bisogna volere davvero ciò che si chiede al coach.

Lei è anche Mental coach. Ci può spiegare meglio di cosa si tratta?
È un metodo di coaching nato per gli sportivi. Il padre è Tim Gallwey che via via ha dato vita ad una vera e propria tecnica di coaching. Io volevo aggiungere qualcosa di più al mio metodo e crearmi anche delle nicchie in cui poter inserire altre categorie di persone che potessero raggiungere dei risultati concreti anche in altri ambiti, come gli sportivi, ad esempio. In seguito mi sono resa conto che poteva essere molto efficace anche applicato a tutti i tipi di performance, comprese quelle teatrali o artistiche, e il successo è stato enorme, in termini di soddisfazioni e risultati. Lavoro infatti con giovani che decidono di essere accompagnati dal coach per superare alcune paure legate alle performance artistiche, alle ansie da audizioni, paura del palcoscenico, oppure convinzioni limitanti che impediscono di spiccare il volo! I giovani mi regalano sempre nuove emozioni e mi stupisco costantemente nel vederli sbocciare!

Durante la sua attività è mai accaduto che una/un coachee presentasse un quadro psicologico particolare? E cosa è successo?
Si è successo un paio di volte, per quanto mi riguarda. Una donna durante il secondo incontro di coaching, ha manifestato una certa irritazione nei confronti del compagno e continuava nelle descrizioni di sé ad usare espressioni legate al suo passato da bambina. Sono emerse spesso emozioni forti e difficili da gestire con il dialogo socratico e a portata di coach. Dopo una domanda potente ha evidenziato un forte disagio riguardo al ricordo di lei bambina. Me lo sono fatto raccontare e i miei dubbi sorti nel primo incontro, sono stati fugati; le ho spiegato che quel suo stato evidenziava qualcosa di importante che non era di mia competenza. Ha apprezzato e compreso la mia impossibilità etica e professionale ed ha interrotto il percorso per rivolgersi ad un terapeuta.
Un secondo caso non ha avuto il tempo di partire, in realtà, perché già dal primo incontro è emerso un disagio. Un giovane uomo ha chiesto di lavorare sulla motivazione per seguire una dieta dimagrante, ma ha raccontato di sgarri del piano alimentare durante la notte o appena uscito da casa, lontano dalla famiglia. A seguito di un racconto molto forte condiviso con me è emerso il suo problema nei confronti del cibo legato a stati emotivi alterati provocati da traumi seri passati.

La danza ha avuto un ruolo speciale nella sua vita. Che cosa rappresenta per lei?
Eh…La danza! È stato il mio primo grande sogno da bambina, che ovviamente non si è realizzato, perché troppo lontano da me, dalla mia famiglia. È stato doloroso dovermi allontanare, ma oggi sono pienamente consapevole che non avrei sicuramente portato a termine quel tipo di disciplina.
Se devo però riflettere su cosa rappresenta per me la leggerezza (nel senso positivo del termine), la grazia, la seduzione, ma anche la tenacia, la determinazione e il coraggio di osare. In una espressione: il mondo femminile, il mio mondo interiore.

Lei recita per passione, ama la lirica e va spesso a teatro. Ci va anche ora in tempo di restrizioni per la pandemia? Negli ultimi tempi a quale spettacolo ha assistito che consiglierebbe? E perché?
Si recito per passione ed ho studiato lirica da ragazza, amo la musica in generale e, per meglio dire il “palcoscenico”, il luogo in cui avviene la magia della trasformazione, in cui le emozioni sono il dono più grande per il pubblico. Che io sia davanti al palcoscenico come spettatrice, che sia sul palcoscenico come attrice, o addirittura dietro al palcoscenico come Mental coach dei miei ragazzi, sono in un mondo magico, in un mondo che sento mio e sono a mio agio…
Questo è un periodo sfavorevole per le rappresentazioni e sinceramente non ho avuto modo di assistere a spettacoli negli ultimi tempi. L’ultimo ingresso a teatro risale a dicembre scorso per un’operetta. Porto con me ancora suoni e colori delle scene. Non vedo l’ora di ricominciare.