Stuart Blumberg ha scritto e diretto nel 2012 un film sulla sex addiction, ma riferibile a ogni possibile dipendenza, dal cibo, dall’alcool, dal gioco. Thanks for sharing, questo il titolo del film con Mark Ruffalo, Tim Robbins, Gwyneth Paltrow, Patrick Fugit e Josh Gad tra gli interpreti. Il titolo, in particolare quello in italiano (orrendo Tentazioni (ir)resistibili) farebbe pensare ad una commedia romantica di facile consumo. Invece la pellicola narra il lato oscuro e imperfetto di ognuno di noi, quel bisogno ossessivo di qualcos’altro, riempitivo di voragini interiori, che ci può rendere dipendenti e fuori controllo. Senza più essere capaci di essere noi stessi, fino al punto di diventare la dipendenza.
Un film corale, dove protagonista è il gruppo di autoaiuto: il meeting settimanale di Alcolisti Anonimi diventa luogo sicuro dove i legami di protezione tengono ancorate le persone ai propositi, un sistema di forza senza il quale vincere il richiamo della dipendenza parrebbe impossibile. Questi meeting e il percorso in 12 passi rappresentano ancora oggi, dal 1935, la possibilità di smettere.
Alcolisti Anonimi (AA) è nata negli Stati Uniti nel 1935 dall’incontro di un agente di borsa di Wall Street ed un medico chirurgo di Akron (Ohio), entrambi alcolisti, i quali si resero conto che condividendo le loro dolorose esperienze e aiutandosi a vicenda riuscivano a mantenersi lontani dall’alcol. Bill W. e Bob Smith questo è il loro nome. Ormai da quasi 100 anni sono un’àncora per l’umanità dolente che combatte le proprie dipendenze.
Tornando al film, per evitare la ‘tentazione’ di essere didascalico e unidirezionale, l’autore Blumberg consegna al personaggio più giovane – Danny (Patrick Fugit) il figlio del meeting group leader Mike (Tim Robbins) – la tempra di chi si tira fuori dalla droga con le proprie forze, tornando a casa in un ultimo tentativo di riguadagnare la fiducia del padre, deluso e ormai fuorviato dai pregiudizi nei suoi confronti, da non ritenere possibile che il figlio sia davvero pulito.
Gli altri personaggi vincono le battaglie soltanto grazie al fatto che restano uniti e intrecciati. Ognuno ha uno sponsor, poi può diventare a sua volta sponsor quando ha guadagnato le ’medaglie’ dell’astinenza, dalle 24 ore ai 5 anni e più.
Perché ne parlo?
Un aspetto che mi è piaciuto particolarmente in questa pellicola è l’evoluzione dei personaggi che acquistano spessore e conquistano i propri obiettivi faticosamente, ora dopo ora, a volte con passaggi all’indietro o scarti laterali.
Anche chi è astinente da 5 anni (o non beve, non fuma, non si droga) è sempre un ex addicted, al limite di ricaderci nei momenti bui, difficili, di grande conflitto interiore o con il partner.
Come nella vita vera, in questo film si apprende – grazie alle storie dei personaggi – che quasi mai il percorso verso l’obiettivo è lineare, in crescendo e senza interruzioni, come invece predicano o lasciano credere possibile alcuni modelli irrealistici.
Mi riferisco in particolare ai modelli sociali di successo ‘chiavi-in mano’, come il conquistare l’eterna giovinezza, oppure una forma fisica perfetta, come anche uno status prestigioso ed elitario credendo che sia facile, rapido e meritocratico raggiungerli. E soprattutto senza mai considerare la possibilità di non riuscirci, di procedere lentamente, di avere la sfortuna contro.
Questi scenari esistenziali ammiccanti e tremendamente pubblicitari, perché ‘accessibili a tutti – basta volerlo’, rischiano di rendere più dolorose le sconfitte, le cadute, i blocchi e le frenate.
Noi tutte, coach e coachee, invece sappiamo che dietro ogni obiettivo raggiunto ci sono fatica e impegno, alternati con frustrazioni o persino momenti di pura disperazione. Senza contare le circostanze favorevoli o contrarie, che non dipendono da noi.
Questo film mi ha fatto sentire vera compassione per chi si mette in cammino verso un’orizzonte
Come coach lo consiglio, siamo tutti AA.