Il limite del talento

17 Novembre 2020 07:00
10 min.

Può davvero il talento essere un limite? O meglio: quali pensieri ed emozioni rischiano di limitare il nostro talento? Questione di mindset…e di emozioni.

C’è una striscia del fumettista Bill Watterson, in cui il protagonista – Calvin – esprime una delle più devastanti opinioni in merito al talento e all’apprendimento. Calvin chiede alla sua amica cosa stia facendo…
compiti?
non ero sicura di avere capito questo capitolo, quindi ho ricontrollato i miei appunti sull’ultimo capitolo e adesso lo sto rileggendo
hai fatto tutto quel lavoro?!
adesso l’ho capito
– Uh! Pensavo fossi intelligente

Ed ecco, riassunto in poche battute, uno dei più grandi pregiudizi che può ostacolare il nostro percorso di crescita: se sei intelligente, se sei bravo, se sei veloce…non hai bisogno di studiare o di allenarti! Allenarsi equivale ad ammettere di non essere abbastanza bravi.

Esagerato? Eppure il mondo è pieno di questi esempi: campioni sportivi, musicisti di altissimo livello, professori universitari che ad un certo punto mollano tutto di fronte ad una sconfitta, di fronte a un premio non raggiunto, di fronte ad un altro talento che mette in discussione o supera il loro primato. “Se non vinco mollo la competizione”.

Che cosa si cela dietro questo? Sappiamo che le nostre azioni sono dettate dalle nostre convinzioni e dalle nostre emozioni, quindi quale pensiero si nasconde dietro questo “mollare”, quale emozione permette che il traguardo di un altro si tramuti nel nostro “abbandonare il campo”?

mindsetQueste tematiche sono approfondite nel libro Mindset di Carol Dweck, in cui si mette in risalto come la nostra forma mentis determini quale sarà il nostro comportamento: si distingue tra un mindset statico e uno dinamico.

Il mindset statico si esplicita in frasi del tipo “o sono bravo o non lo sono”, “le mie capacità non cambieranno”, “il fallimento segna il limite delle mie capacità”, “sono frustrato dal successi degli altri”, ecc.

Invece il mindset dinamico si caratterizza per affermazioni del tipo “le sfide mi aiutano a crescere”, “posso imparare”, “il successo degli altri mi ispira”, “il mio impegno e il mio atteggiamento determinano le mie capacità”.

Da una parte, quindi, una visione che individua un set di talenti fisso, immutabile, ricevuto (o non ricevuto) alla nascita ma senza possibilità di sviluppo, “statico” appunto. Dall’altra una visione molto diversa che pone sull’impegno e l’apprendimento la possibilità di modificare e accrescere questo “bagaglio di talento”.

A testimonianza di quanto queste diverse credenze siano profondamente radicate in noi, una delle ricerche riportate nel libro mette in evidenza l’impatto dei feedback altrui sulle nostre onde celebrali.

Ai soggetti che partecipavano alla ricerca era stato somministrato un test e successivamente era stato monitorato l’andamento delle loro onde celebrali nel momento in cui si indicava loro il risultato del test (a quali domande si era risposto in maniera corretta e a quali no). Ebbene, i soggetti con forma mentis statica mostravano interesse soltanto quando il feedback rispecchiava le loro capacità: le onde celebrali dimostravano grande attenzione solo quando veniva detto se le loro risposte erano giuste o sbagliate; quando invece venivano presentate informazioni che li avrebbero portati a imparare, non appariva alcun segno d’interesse.
Invece le onde celebrali delle persone con forma mentis dinamica si attivavano molto anche di fronte ai suggerimenti per migliorare di fronte agli errori commessi nel test: prestavano grande attenzione alle informazioni che avrebbero potuto ampliare la loro conoscenza, mostrando come l’apprendimento fosse per loro una priorità.

Che fare quindi?
Ci sono persone portate ad apprendere ed altre no? Eh no! Così si ricade in uno dei meccanismi della forma mentis statica, che dà come predefinite e immutabili le proprie capacità. Si apprende anche un diverso mindset, un diverso modo di considerare i propri talenti.

Un primo importante passo è acquisire consapevolezza del nostro mindset (sapendo che può essere diverso a seconda dei diversi ambiti della nostra vita): sulla base di quali pre-giudizi agiamo? Quali sentimenti entrano in gioco?
Un percorso di coaching può supportare nella ricerca delle opinioni che limitano il nostro sviluppo, dei pattern emozionali che influenzano il nostro percorso di crescita. Questa consapevolezza può spingerci fuori dalla nostra zona di comfort ma allo stesso tempo consente di ampliarla, può mostrarci nuovi sentieri da percorre, al di fuori dei nostri soliti automatismi.
Possiamo spostarci da una logica di esigenza – intesa come ricerca spasmodica della perfezione che, non essendo raggiungibile, produce un senso di insoddisfazione, di frustrazione, di sofferenza per il suo mancato raggiungimento – ad una logica di eccellenza, dove l’obiettivo è fare le cose nel miglior modo possibile, mettendo in campo tutte le risorse, in modo creativo. In questa logica gli errori sono parte dell’azione e sono visti come un’opportunità di apprendimento (mentre nella logica dell’esigenza sono da evitare a tutti i costi, poiché mostrano la nostra vulnerabilità).

Possiamo imparare a navigare le nostre emozioni, a trarre consapevolezza da quello che proviamo: che cosa scatena il mio rinunciare di fronte ad un ostacolo? Quali emozioni invece mi possono aiutare nel mio percorso di messa a frutto dei talenti?
Lo stretto rapporto tra apprendimento e intelligenza emotiva, concetto diffuso da Daniel Goleman – che riprende gli studi effettuati nel campo dell’intelligenza emotiva – mette proprio in evidenza quanto la capacità di gestire (o non sapere gestire ) le nostre emozioni abbia un impatto rilevante sull’apprendimento.
Si può imparare con l’intelligenza emotiva a gestire la rabbia, la frustrazione di fronte a “qualcosa che non so” o a un nuovo fare che ancora non ci appartiene, ad alimentare la curiosità di fronte a un nuovo campo di apprendimento.

Avere consapevolezza del nostro mindset e modificarlo, capire quali pensieri limitano il nostro talento e quali invece permettono di espanderlo, gestire le emozioni in modo che ci supportino nel processo di apprendimento….sono tutte abilità che si possono imparare!
D’altronde, come diceva Konrad Lorenz: “La vita è un processo di conoscenza. Vivere è imparare”.
Agnese Pelliconi