Chiara Cattaneo è una formatrice e coach di lunga esperienza che in questa conversazione ci parla della sua professione e di alcune metodologie che adotta nel coaching incluso il suo portare fuori, all’aperto, i suoi clienti.
Chi è Chiara Cattaneo? Come arriva al coaching?
Sono una Professional Certified Coach e membro dell’International Coaching Federation (ICF). con una vasta esperienza di ventisette anni in azienda dove ho ricoperto diversi ruoli, tra cui Learning Leader e Team Leader. Sono anche una Formatrice esperienziale. Ho scoperto il coaching quando ho realizzato che per svolgere al meglio il mio lavoro, avevo bisogno di competenze che potessero supportarmi nell’accompagnare le persone. Questo ha portato la mia carriera verso il coaching, dove ora utilizzo le competenze per aiutare gli altri a raggiungere il loro obiettivi personali e professionali.
Qual è la sua filosofia di coaching e come supporta i clienti nel raggiungimento dei loro obiettivi?
Sono convinta che ogni persona abbia già dentro di sé un potenziale e che, attraverso l’esplorazione e un profondo ascolto attivo, questo potenziale possa emergere. Le sessioni di coaching si svolgono principalmente online, ma coach e coachee possono accordarsi per svolgerle all’aperto ciascuno col proprio dispositivo, a distanza. Lo spazio, scelto dal cliente, diventa un luogo sicuro dove potersi esprimere con fiducia.
Può raccontarci un’esperienza particolarmente significativa con un cliente?
Certamente! Un’esperienza memorabile è stata quella con una manager che attraversava un periodo di stress e incertezza professionale. Attraverso sessioni di coaching e l’integrazione di sessioni outdoor, è riuscita a migliorare la sua capacità di prendere decisioni. Alla fine del percorso, non solo ha raggiunto i suoi obiettivi professionali, ma ha anche sviluppato una maggiore resilienza e un nuovo equilibrio tra vita personale e lavorativa.
Quali sono i benefici principali che i clienti possono aspettarsi dal suo coaching?
I benefici principali che i miei clienti possono aspettarsi includono un aumento della consapevolezza di sé, una maggiore chiarezza sugli obiettivi, una presa di responsabilità, una visione più ampia della situazione e lo sviluppo di competenze pratiche per affrontare sfide professionali e personali. Inoltre, grazie all’integrazione delle mie specializzazioni in Outdoor Coaching e Ecosomatic Coaching, i miei clienti possono sperimentare un miglioramento del benessere fisico e mentale, rafforzando il legame mente-corpo. Questo approccio olistico permette di ottenere risultati duraturi e significativi.
Outdoor Coaching e Ecosomatic Coaching?
Sono due mie specializzazioni appunto l’Outdoor Coaching e l’Ecosomatic Coaching. L’Outdoor Coaching utilizza la natura come co-coach, mentre l’Ecosomatic Coaching aiuta i clienti a riconnettersi con il proprio corpo attraverso un movimento consapevole.
Può approfondire meglio i due concetti: come si esplica il ruolo della natura in un percorso di coaching che sembra orientarsi ad obiettivi concreti? Come avviene la riconnessione con il proprio corpo?
Insegni contemporaneamente pratiche fisiche?
La natura in un percorso di coaching offre per esempio un setting spazioso, molto diverso da uno spazio chiuso, che genera nel coachee meno pressione e giudizio proprio grazie alla vastità dell’ambiente naturale e nel coach una maggior presenza. Durante una sessione all’aperto c’è la possibilità di muoversi liberamente e talvolta la scelta della direzione supporta il coachee nel cambio di prospettiva, cogliendo qualcosa che fino a quel momento non aveva colto. Grazie al movimento ci si accorge del proprio ritmo che varia anche a seconda dello stato d’animo facendo emergere emozioni attraverso le quali lavorare. L’ambiente naturale è inoltre ricco di metafore che arricchiscono la conversazione di coaching attraverso la riflessione personale e un ascolto interiore. Il ruolo della natura è possibile coglierlo anche in un setting in uno spazio indoor, per esempio utilizzando immagini, video, o semplicemente proponendo al cliente di affacciarsi alla finestra e osservare fuori. La riconnessione con il proprio corpo avviene attraverso l’attivazione per esempio portando l’attenzione al respiro, alle sensazioni fisiche, alla sensorialità o attraverso la proposta di pratiche di attivazione somatica dove il corpo è, oltre che fisico anche mente, psiche, emozioni divenendo così attivatore del potenziale del coachee.
Tra le sue attività c’è anche l’assessment? Quale metodologia usa? Lo inserisce anche nei percorsi di coaching?
Si esattamente, l’assesment che oggi propongo misura le competenze di intelligenza emotiva identificando lo stile di leadership e delineando il tipo di follower generato. Lo strumento di valutazione ci aiuta a comprendere su quali competenze possiamo già contare e quali vanno allenate. Essendo l’intelligenza emotiva legata alle relazioni interpersonali, è possibile allenare durante il percorso di coaching una comunicazione più efficace, imparando a comprendere e motivare i membri del team.
In più di un’occasione lei ha parlato di competenze trasversali. Quali sono e come si attivano o come si migliorano?
Le competenze trasversali sono essenziali in ogni contesto lavorativo: comunicazione, lavoro di squadra, gestione del tempo, leadership, gestione dello stress, ecc. Come formatrice esperienziale, approfondisco questi argomenti in aula attraverso una metodologia pratica, alternando lavoro individuale e di gruppo basato su situazioni reali. Questo approccio permette ai partecipanti di trarre il massimo beneficio e di sperimentare immediatamente quanto appreso. Mi piace proporre un accompagnamento sul campo dopo l’aula, che chiamo Shadow Coaching. Questo stile, sempre orientato al coaching, è altamente motivante e favorisce la crescita continua.
Tornando ad aspetti più personali, un’ultima domanda: quanto le sue conoscenze e la sua attività si mescolano completamente con la sua vita privata? O ci sono momenti, situazioni in cui si apre un fossato, mantiene le distanze?
Quando entro in un’aula o inizio un percorso di coaching, una delle prime cose che dico è che ci troviamo all’interno di un percorso che apre opportunità per la persona, come professionista certamente, ma ancora prima come persona nella sua totalità, che per me non è separabile. Col tempo, sono passata dal “fare” all’”essere”, dunque il mio lavoro oggi mi rappresenta come persona in ogni ambito della mia vita.