Noi siamo la nostra storia. Siamo ciò che raccontiamo a noi stessi, e poi agli altri.
A volte viceversa, siamo prima la storia che raccontiamo agli altri, forse anche solo quella, quando viviamo di totale apparenza.
Fin da tempi antichi, l’uso dello storytelling – come è di moda definire oggi il raccontare una storia – raccoglieva intorno ad un fuoco piccole comunità, che ascoltavano le storie ed i miti dei loro antenati. Per emularne le gesta, vestirne i panni, ma soprattutto nutrire le loro imprese cercando di appropriarsi delle stesse potenti virtù che i personaggi delle storie possedevano.
Cosi rendevano forti e coraggiosi i giovani guerrieri, quello che oggi si chiama empowerment passava dalle storie dei miti e dei riti.
Continua ad accadere anche oggi, in forma diversa, lo storytelling è sempre lì, parte dalla nostra storia personale, quella che ci raccontiamo noi per primi.
Si, perché ciò che viviamo, le scelte che compiamo o che non compiamo sono il risultato di quello che siamo stati in grado di dirci, come ci siamo motivati, quali conversazioni interne abbiamo scelto di avere per ottenere un certo risultato o sentirci in un certo modo?
Storie di vittime o storie di responsabili? Dipende…
La nostra capacità di raccontarci la storia che serve di più a noi per emergere nel pieno delle nostre potenzialità e diventare artefici del nostro destino, il passaggio da “vittima a responsabile”, è una competenza che tutti abbiamo, ma va allenata.
Attraverso lo strumento del coaching ontologico, si fa proprio questo. Si supporta il/la coachee a diventare consapevole del tipo di linguaggio che utilizza, essendo il linguaggio, sempre per questo modello, creatore di realtà.
Si porta il/la coachee alla consapevolezza di quali sono le storie su di sé, sulla famiglia, sulle scelte professionali o personali, che si è raccontato/a sino ad oggi, chiedendogli se sono state utili, se lo/la vedono protagonista o vittima.
Avete mai pensato che il primo interlocutore che ascoltate nella vostra mente, siete voi? Che la prima conversazione che avviene internamente è con il Sé (qui inteso come voce interiore)?
Quanto tempo passiamo a dirci cose, preoccuparci anziché occuparci di scenari catastrofici che nella mente assumono sembianze mostruose, impedendoci di agire consapevolmente, quando poi nella realtà nulla di quello che abbiamo immaginato accade?
Quanto tempo perdiamo a vedere film negativi sulla nostra vita, e quanto invece investiamo del nostro tempo nel proiettare il film, la storia che ci vede protagonisti, oltre che registi?
Quante volte ci siamo auto-negati di provare a fare qualcosa di nuovo, candidarci per nuovo ruolo lavorativo, o dichiarare il nostro amore a qualcuno, perché la conversazione tra di noi era “Non sai abbastanza? Dove pensi di andare? Non è ancora il momento giusto…nessuno ti vuole, hai già quello che ti serve, …” solo per citare alcune delle storie che ci depotenziano, ci proteggono forse, a volte, da possibili errori che noi vediamo come fallimenti (altra conversazione limitante) ma dall’altra parte ci impediscono di vivere davvero e spesso di ottenere ciò che meritiamo!
Scegliere che storia vogliamo raccontarci, vederla proiettata sullo schermo della nostra vita, è quello che ci rende artefici del nostro presente e futuro. Possiamo sempre scegliere di cambiarla quella storia, qualsiasi storia. Scegliete con cura la vostra, sarà quella che vi rappresenta.
Ileana Todeschini