Psicoterapia o coaching? Scopri le differenze

27 Maggio 2019 16:27
6 min.

Nella nostra esperienza è frequente che il coaching venga confuso con altre forme di intervento di aiuto, come il counseling oppure se non addirittura di tipo psicoterapeutico. Per provare a fare chiarezza fra i rispettivi domini di queste discipline, molto diverse fra di loro, ma con alcune aree di contatto che spesso saltano agli occhi e contribuiscono ad originare una confusione, proviamo ad elencare alcuni punti-spartiacque il coaching e la psicoterapia:

  1. Il coaching si rivolge ad individui che si trovano in una condizione personale e psicologica sostanzialmente non disfunzionale, ma che non sono del tutto soddisfatte di alcuni aspetti della loro vita. Persone che vogliono conseguire un maggiore livello di efficacia nelle loro prestazioni oppure desiderano un supporto nel definire e poi perseguire obiettivi sfidanti e difficili. Nulla a che vedere con l’intervento di counseling che cerca di alleviare un disagio personale, e meno ancora con l’intervento psicoterapeutico che si prefigge di trattare persone affette da problemi di natura psicologica più o meno gravi.
  2. Il coaching guarda in avanti e punta a raggiungere traguardi, e non si interessa del cercare le origini e le cause passate di problemi o difficoltà della persona. Il coaching è quidi orientato al futuro, mentre in generale la psicoterapia si concentra sul passato.
  3. Per i motivi citati, il coaching non tratta problemi clinici come, ad esempio, la depressione e quando anche una persona si rivolge ad un coach in un momento difficile della sua esistenza si deve aspettare un supporto professionale nel chiarire il suo obiettivo e a scoprire le risorse personali per poi conseguirlo in autonomia, piuttosto che un supporto per alleviare il disagio psicologico.

Nel caso in cui il cliente non fosse in grado da solo di scegliere il professionista più adatto al suo caso, sarà comunque il coach che saprà consigliarlo adeguatamente, qualora ravvisi che la sua richiesta necessiti di essere gestita da un altro tipo di professionista. Questo è quanto  prescritto dalla quasi totalità dei codici etici che un coach professionista sottoscrive prima di poter conseguire una credenziale che lo abilità alla professione.

È però anche interessante notare, però, che d’altra parte è in crescita il numero di psicologi e psicoterapeuti sentono il bisogno di specializzarsi nell’arte del coaching, come bagaglio complementare a quello posseduto, che diventa strumento necessario a gestire casistiche e situazioni che non ricadono nella disfunzionalità ma che richiedono un tipo di risposta che solo il coaching può dare .
In queste situazioni, il contributo che un coach può offrire si può riassumere nei punti seguenti:

  • accrescere la consapevolezza del cliente su quanto accade al suo interno ed esterno, aiutandolo a prendere coscienza di pensieri, idee e convinzioni su di sé e sugli altri
  • aiutare la persona a vedere la sua situazione da diversi angoli di visuale, facendo emergere nuove possibilità e linee di azione dando concretezza all’obiettivo da raggiungere, passando dal sogno alla visione e definendo un contreto piano di azione
  • consolidare la fiducia del cliente nella capacità di mettere in atto i comportamenti finalizzati allo scopo, sostenendolo negli inevitabili momenti di difficoltà
  • trarre significato ed insegnamento dagli errori e dalle battute di arresto, usandoli per ripartire con il piede giusto.