Fondare una startup è una impresa notevole dal punto di vista emotivo, del tempo da dedicare e delle relazioni da attivare e mantenere. Man mano che una startup cresce, i founder trovano sempre meno persone con cui comunicare e che possano fornire punti di vista diversi e non “orientati”.
I coach supportano il founder in uno spazio sicuro e confidenziale in cui possono condividere le preoccupazioni con un professionista distaccato dal contesto e dall`obiettivo del fondatore stesso. Il coach costruisce una relazione con il fondatore per comprendere le motivazioni e, attraverso questo processo, può scoprire le aree su cui lavorare per portarlo al raggiungimento dei propri obiettivi di business e di vita: dalle capacità interpersonali (comunicazione, delega, team building), alle capacità di autogestione (gestione dello stress, comprensione della motivazione di fondo che ti spinge ad andare avanti nonostante le mille difficoltà e dubbi) e alle capacità di leadership (pianificazione, processo decisionale, gestione dei conflitti, cultura organizzativa).
Attraverso la conversazione e le domande aperte in una decina sessioni di coaching e in un arco temporale di sei mesi – un anno, il coach può aiutare il fondatore e il team della startup ad esaminare il processo decisionale, individuare nuovi punti di vista e impegnarsi in azioni che aiuteranno a raggiungere gli obiettivi, a gestire lo stress e i conflitti dei co-fondatori e la comunicazione con i dipendenti.
Mentre una relazione di coaching inizia in genere con il fondatore, molte aziende vedono il vantaggio ed estendono la pratica all’azienda in modo più ampio:
- Coaching dei co-fondatori: utile per mantenere il rapporto tra i co-fondatori allineato e privo di conflitti man mano che scala il business.
- Coaching del team esecutivo: il suo allargarsi velocemente – per la rapida crescita – spesso genera tensioni al suo interno a causa delle scarse risorse e di priorità contrastanti. Il coaching può aiutare sia gli individui che la comunicazione del team.
- Cultura e strategia dell’organizzazione: man mano che la start up cresce da qualche decina a centinaia se non migliaia di dipendenti, nascono inevitabilmente nuovi problemi: i primi dipendenti potrebbero sentirsi scontenti quando vengono promossi i nuovi arrivati e le prime iniziative utilizzate per costruire la cultura non saranno scalabili.
Un coach può aiutarti a pensare a come costruire una cultura inclusiva, una comunicazione aperta e una struttura organizzativa coerente mentre la tua azienda raggiunge nuovi traguardi.
Avete mai notato quante poche startup di successo siano state fondate da una sola persona? Anche le imprese di successo che si ritiene abbiano un unico fondatore di solito rivelano di averne più di uno. Sembra improbabile che questa sia una pura coincidenza.
Cosa c’è di sbagliato nell’avere un unico fondatore?
Per cominciare, è un voto di sfiducia, in quanto probabilmente significa che il fondatore non è riuscito a mettersi d’accordo con nessuno, neppure con qualche amico, per avviare la società insieme lui. È piuttosto allarmante, perché gli amici sono quelli che lo conoscono meglio e forse più in grado di restituire feedback sinceri.
Ma anche se gli amici del fondatore si sbagliano sul suo conto e la società è una buona scommessa, c’è ancora uno svantaggio: avviare una startup è troppo impegnativo per un’unica persona. Anche se si potesse fare tutto da soli, c’è bisogno di qualcuno con cui confrontarsi, parlare delle decisioni e ricevere supporto quando le cose vanno male.
L’ultima ragione potrebbe essere che i punti di caduta di una startup sono così abissali che solo pochi potrebbero reggerli in solitudine. Quando ci sono più fondatori, lo spirito di corpo li unisce in un modo che sembra andare oltre le stesse leggi della conservazione della specie. Ognuno pensa: “non posso lasciare i miei amici in fondo al pozzo”. Questo è uno degli impulsi più potenti della natura umana, e viene meno quando c’è un fondatore unico.
Di seguito provo a sintetizzare come a fronte di alcuni dei motivi principali di fallimento di una startup e per cui un coach può essere di aiuto per i fondatori e per il team.
La scelta delle nicchie
La maggior parte degli aspiranti imprenditori soffrono di un problema comune: preferiscono scegliere una nicchia piccola e oscura nella speranza di evitare la competizione.
La scelta di un progetto marginale potrebbe essere legata a qualche convinzione limitante che in un percorso di coaching emerge chiaramente e una volta presa consapevolezza può essere superata. Se fai qualcosa di rilevante sul mercato, ci saranno sempre dei concorrenti, tanto vale affrontarli.
Il coach supporta il management della startup a superare l’impulso a evitare grossi problemi; a volte i fondatori non osano pensare in grande e partono con il progetto su scala ridotta perché timore di fallire. L’inconscio non lascerà nemmeno lo spazio di pensare a grandi idee. Il coach supporta il team a pensare alle grandi idee senza conversazioni limitanti e a cambiare i comportamenti che limitano questo ancoraggio iniziale. Come?
Il coach aiuta il team a far emergere i giudizi limitanti e le emozioni che impediscono spesso di pensare ad ampio raggio e di passare dalla conversazione: “non ce la faremo perché siamo troppo piccoli, perché esistono aziende più grandi, perché siamo in Italia”….alla conversazione: “perché no? Se non provo, il no ce l`ho in tasca” (cfr Raquel Guarnieri e Paolo Baldriga, Coaching e Neuroscienze)
Ostinazione
In alcuni campi la strada per avere successo è di avere una visione e tenersi attaccati a questa visione a prescindere dalle difficoltà che si incontrano. È l’approccio di stare incollato è qualcosa di simile all’obiettivo di vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi, dove lo scopo è ben definito.
La gestione di una startup, al contrario, ha qualcosa in comune con il lavoro dello scienziato, che deve seguire una pista ovunque essa conduca.
Essere troppo attaccati al piano originale, può essere sbagliato.
Le startup di maggior successo hanno finito per fare qualcosa di abbastanza diverso da quello che si erano originariamente prefissi – spesso così differente da non sembrare più la stessa cosa. Bisogna essere pronti ad afferrare l’idea migliore quando arriva. E la parte più difficile di tutto questo è spesso quella di mettere da parte l’idea originaria. Il coaching attraverso sessioni di team coaching aiuta il team a prendere in considerazione punti di vista diversi, a capire cosa impedisce alla startup di intraprendere una strada completamente alternativa e ad evitare bias di ancoraggio al progetto iniziale.
Dilazione del lancio
Le imprese di tutte le dimensioni hanno difficoltà a sviluppare software. È intrinseco al medium stesso; il software è sempre finito all’85%. Ci vuole uno grande sforzo di volontà per passare al 100% e ottenere qualcosa che si possa dare in pasto agli utenti.
Le startup inventano ogni genere di pretesti per ritardare il lancio di un prodotto; la maggior parte di queste scuse sono le stesse che le persone usano per procrastinare le decisioni quotidiane. C’è sempre qualcosa che deve ancora succedere. Può essere. Ma anche se il software fosse finito al 100% e pronto per essere lanciato con un semplice clic, ci sarebbe ancora qualche ragione per aspettare.
Il coach in questo contesto formula domande aperte per far emergere le paure sottostanti e le emozioni che impediscono alla startup di lanciare e uscire dal paradigma dell`eccellenza e della perfezione che diventa un giudizio limitante perché in fondo niente è veramente finito finché non viene rilasciato.
Il prodotto perfetto è una delle tante convinzioni limitanti che impediscono di testare l’idea imprenditoriale sul campo e sui clienti e il coach aiuta il fondatore a liberarsi di questa zavorra che può spesso ritardare fatalmente il lancio del prodotto. Nel ritardo di un lancio si manifestano differenti problemi: si sta lavorando troppo lentamente; non si capisce veramente il problema; c’è la paura ad affrontare il giudizio degli utenti o degli investitori; c’è la paura di essere giudicati; si sta lavorando su troppe cose diverse; c’è eccessivo perfezionismo. Tutti comportamenti che possono essere analizzati e superati con il supporto di un percorso di coaching.
La gestione degli investitori
Il fondatore deve anche gestire gli investitori. Non bisogna ignorarli, perché da loro potrebbero venire delle intuizioni utili, anche se non dovrebbero guidare la società, che è invece il lavoro dei fondatori. Se gli investitori pensano di avere una visione per gestire le aziende che finanziano, perché non le hanno avviate direttamente?
La gestione della relazione con gli investitori è un tipico oggetto di una sessione di coaching in cui il coach svolge il role playing simulando la conversazione e il potenziale conflitto con gli investitori e supporta il fondatore ad evitare il “sincericidio” (dire le cose per sfogarsi e non con un obiettivo preciso, (cfr. Raquel Guarnieri e Paolo Baldriga, Coaching e Neuroscienze).
Fare arrabbiare gli investitori, ignorandoli, è probabilmente meno pericoloso che cedergli le redini; gran parte dell’energia viene assorbita nelle dispute con gli investitori invece che nel miglioramento del prodotto. Ma questo è meno dannoso del cedere alle richieste, il che spesso impedisce il successo della società. Il giusto bilanciamento tra l’attenzione focalizzata sul prodotto e la ricerca della piena attenzione degli investitori potrebbe essere uno degli obiettivi di una sessione di coaching anche tripartita tra fondatori, investitori e coach, come avviene nel caso dei percorsi di coaching tra capo-collaboratore-coach per definire gli obiettivi di miglioramento e per gestire i feedback tra capo e collaboratore.
Finché il business cresce, la maggior parte degli investitori lascerà in pace i fondatori, ma le cose non vanno sempre così nelle startup in quanto gli investitori hanno finito per creare problemi anche per le aziende di maggior successo. Uno degli esempi più famosi è Apple, il cui board ha fatto un errore quasi fatale licenziando Steve Jobs.
Il problema è che spesso il fondatore è completamente solo nella gestione di queste problematiche e il supporto di un coach potrebbe essere determinante a tirar fuori il meglio dalla relazione con gli investitori evitando “conversazioni sotto il tavolo” o “tolleranze inutili” che spesso sono solo una vendetta differita nel tempo cfr. Raquel Guarnieri e Paolo Baldriga, Coaching e Neuroscienze).
Dissidi tra i fondatori
I dissidi tra i fondatori sono all’ordine del giorno: circa il 20% delle startup perde per strada un fondatore e il venture deve trasformare il proprio ruolo in quello di arbitraggio. Il coaching può svolgere un ruolo cruciale per supportare i fondatori e prepararli a questa eventualità così che ci possa essere un modo ordinato per le persone di lasciare il business.
Tuttavia, l’abbandono di un fondatore non uccide necessariamente una startup. È già accaduto in molte startup di successo, ma fortunatamente, di solito, è il fondatore meno impegnato che se ne va. Se ci sono tre fondatori e uno è un po’ freddino, è un grosso problema. Se ce ne sono due e uno è freddino, o se un ragazzo con abilità tecniche critiche se ne va, il problema è ancor più grosso. Ma anche questo può essere facilmente gestito con un percorso di coaching che attraverso la tecnica delle domande aperte fornisce diversi punti di vista al fondatore nel valutare positivamente l`uscita di una dei fondatori.
La maggior parte delle controversie non sono dovute alla situazione, ma alle persone. E la maggior parte dei fondatori che sono stati bruciati da tali dispute. Probabilmente avevano già dei dubbi quando la società è partita ma non hanno avuto un coach che li supportasse con esercizi di proiezione nel futuro: è il metodo del mago Merlino che per aiutare Re Artù gli dice che è stato nel futuro e lo ha visto Re e lo aiuta a realizzare il suo futuro desiderato.
Non bisogna mettere a tacere i dubbi e tenere conversazioni nascoste con i co-fondatori. Il coaching è un processo maieutico che fa emergere i dubbi e le convinzioni limitanti nonché` la vulnerabilità` del fondatore, spronando a chiedere aiuto o a dire no per evitare di tollerare situazioni poco funzionali al raggiungimento degli obiettivi della start up.
È molto più facile risolvere i problemi all`avvio dell`azienda, quindi, non è saggio arruolare l`amico del cuore nella startup solo perché, altrimenti, si sentirebbe escluso. È bene non iniziare un’impresa con qualcuno con cui non ci si intende solo perché ha qualche competenza di cui c’è bisogno e c’è la preoccupazione di non trovare nessun altro. Le persone sono l’ingrediente più importante di una startup e il coaching è un grande facilitatore nel tirar fuori i mal di pancia tra i co-fondatori prima che sia troppo tardi.
Uno sforzo a metà
Le startup del cui fallimento si sente di più parlare sono, generalmente, quelle che fanno degli exploit spettacolari, ma la tipologia più comune di fallimento è quello di cui non abbiamo mai sentito parlare, perché è un progetto di un paio di ragazzi che hanno iniziato a lavorare senza convinzione e senza lasciare la loro principale occupazione.
Statisticamente, se vuoi evitare il fallimento, la cosa più importante da fare è abbandonare qualsiasi altra occupazione quotidiana. La maggior parte dei fondatori di startup andate all’aria non ha abbandonato il proprio lavoro quotidiano, mentre la maggior parte dei fondatori di startup di successo lo ha fatto.
Il percorso di coaching aiuta a far emergere i dubbi che impediscono ai fondatori di crederci pienamente; il coach non è la figura che convince il fondatore a credere nella sua impresa, ma è la figura di supporto che fa emergere le convinzioni limitanti ed evita le “profezie che si autorealizzano“: non ci credo in pieno, quindi, faccio il doppio lavoro e facendo il doppio lavoro non contribuisco pienamente al successo della mia startup che poi fallisce.
Paolo Baldriga