I comportamenti lavorativi controproduttivi sono un fenomeno in crescita ed estremamente dannoso per le organizzazioni.
Si definiscono come comportamenti intenzionali messi in atto da uno o più membri di un’organizzazione, considerati in contrasto con i legittimi interessi dell’organizzazione stessa, dei suoi clienti e dei suoi stakeholder.
Probabilmente, nella vostra vita lavorativa vi sarà capitato di lavorare con un collega che fa pause prolungate, arriva in ritardo al lavoro senza una buona ragione, o anche che insulta la performance di un collega, apre sempre una discussione, viola le politiche organizzative. Magari, vi è anche capitato di mettere in atto uno di questi comportamenti lavorativi controproduttivi.
Le conseguenze di queste azioni sono la diminuzione della produttività dell’organizzazione, il turnover (cioè l’abbandono dell’organizzazione da parte di clienti insoddisfatti), l’assenteismo (assenza dal posto di lavoro per un periodo prolungato non giustificata), la diminuzione del benessere aziendale.
Sono conseguenze importanti che ledono non solo l’immagine dell’organizzazione, ma ne diminuiscono anche i suoi guadagni: possono costare da 6 a 200 miliardi di dollari l’anno a livello mondiale. Per questo è importante per le aziende comprenderne le cause ed agire direttamente su di esse.
Gli studiosi della psicologia del lavoro hanno individuato vari antecedenti di questi comportamenti: lo stress, le emozioni negative, la Dark Triad (Narcisismo, Machiavellismo e Psicopatia) ed altre caratteristiche della personalità come l’ansia di tratto e la rabbia di tratto che appartengono strutturalmente alla personalità stessa dell’individuo.
Recentemente, ho svolto uno studio longitudinale al riguardo, in collaborazione con l’università La Sapienza e l’University of East Anglia. Tale studio ha lo scopo di indagare sia la relazione causale tra norme ingiuntive dei comportamenti lavorativi controproduttivi (quanto questi comportamenti vengono approvati dai membri di un’organizzazione) e l’espressione dei comportamenti stessi, sia il ruolo del disimpegno morale in questa relazione. I risultati hanno confermato le mie ipotesi: negli ambienti dove le norme ingiuntive sono maggiormente diffuse, col passare del tempo, aumentano anche i comportamenti lavorativi controproduttivi, mentre il disimpegno morale svolge il ruolo di mediatore, ovvero aiuta a spiegare la relazione tra le variabili principali.
Il risvolto applicativo di questo studio riguarda la tipologia di interventi di cambiamento da adottare in un’organizzazione che presenta questo tipo di problematiche e il personale a cui la formazione è diretta. Le norme ingiuntive fanno parte del più ampio sistema culturale che influenza i comportamenti e i rapporti tra le persone. I promotori principali della cultura organizzativa sono i leader (manager, dirigenti), ed è per questo che il cambiamento dovrebbe partire da loro, poiché hanno un grande potere di influenza sui dipendenti.
È evidente che la prima attività da mettere in campo è quella di un’indagine interna all’azienda che chiarisca il livello di approvazione di questi comportamenti. I risultati dell’indagine saranno il punto di partenza per sviluppare specifiche azioni che vanno dai percorsi formativi per manager e dirigenti, percorsi di coaching, interventi sull’organigramma aziendale.
Nadia Funaro