Perché si sta diffondendo rapidamente e sempre più di frequente il ricorso al coaching quale strumento e risorsa per il Project Manager?
Il cambiamento, in meglio ovviamente, è agognato dalle persone e temuto allo stesso tempo. I processi mentali e decisionali, osservati in meta-modalità, oscillano alla ricerca di stabilità, come se il cambiamento fosse un evento di riordino e riorganizzazione rigida, lineare e sequenziale. È il dubbio sui “se” e sui “si/no“, che rendono il cambiamento faticoso e come se si cominciasse sempre da capo.
In realtà il cambiamento si presenta in autonomia, senza preavviso, sotto la veste di “scoperta” e di “salto di paradigma” che conduce, naturalmente, verso una nuova scelta, un diverso agire guidato da un differente “pensare“.
Il coaching, con il suo percorso iterativo e prototipale, facilita e velocizza. Si poggia sulle convinzioni potenzianti delle persone, amplia la costruttività, contiene dubbi e tentennamenti, alza il livello di fiducia personale ed il senso di autoefficacia, favorisce la focalizzazione in direzione delle cose importanti/prioritarie, relegando le attività di risulta e tiene stabile l’energia relazionale permettendo uno scambio umano e professionale di crescita e sviluppo di competenze tecniche e manageriali.
Il ricorso dei Project Manager allo strumento del coaching per governare il lavoro del team, durante, soprattutto, l’execution e il controllo, e, contemporaneamente, la relazione con gli stakeholder principali sostiene il successo del progetto e il raggiungimento con criteri di elevata qualità, dell’obiettivo stabilito. Il coaching funziona quale catalizzatore dell’impegno delle persone intorno al progetto e al mantenimento dell’orgoglio di squadra e dell’apprendimento “reale” rispetto alla sfumata e sfuggente teoria del ciclo di vita del gruppo etc.
Un team di progetto, condotto sapientemente con uno stile coaching, che rispetta i tempi e le modalità soggettive delle persone che lo compongono, riesce a convogliare il personale valore di ciascuno verso un risultato condiviso e “sentito” quale risultato di gruppo, in generosità e soddisfacimento dei bisogni espressivi del singolo. Il Project Manager, degno di fiducia in primis, mantiene altresì elevati livelli di fiducia, engagement e profitto.
Semplicemente usando l’ascolto neutrale, le domande potenti, la riformulazione e la precisione chirurgica dei task da assegnare in funzione della motivazione e livello di competenza della persona assegnata. L’ultimo savoir-faire del PM Coach risiede nel saper restituire i feedback sul lavoro svolto, sugli errori commessi leggendoli in chiave di apprendimento e di miglioramento continuo, alla Deming, per intenderci (ciclo Plan, Do, Check, Act), sull’incoraggiamento ai dubitanti, sulla valorizzazione a chi effettua quel salto di paradigma necessario per un risultato finale di reale innovazione.
Il coaching è, in conclusione, lo strumento migliore in termini di prefigurazione di un futuro fattivo e possibile da realizzare.
Stefania Ratini