Neuroscienze e coaching. Ne parla Leonella Cardosi

11 Maggio 2020 07:34
8 min.

Questa settimana abbiamo avuto il piacere di ospitare su Bloaching la coach Leonella Cardosi che ci ha parlato di neuroscienze ma anche di canottaggio, la sua passione extra-lavorativa.

Leonella Cardosi

Lei è stata una delle prime persone che ha aderito al progetto Doyoucoach e lo ha fatto con una notevole dose di entusiasmo.

Sì, mi descriverei come una persona curiosa che ama il suo lavoro con la passione del primo momento. E il vostro mi sembrava un bel modo di far evolvere il modo di erogare il coaching e, questi tempi, hanno accelerato l’evoluzione.
Ricordo ancora il workshop in cui, per la prima volta, ho sentito parlare di coaching, un decennio fa, e come ho subito deciso che sarebbe diventato il mio futuro. Ho avuto immediatamente la giusta percezione di affiancarlo alla consulenza aziendale di ricerca e selezione del personale, di formazione, di skills manageriali che era il mio lavoro principale.
Uno strumento che aiuta gli altri di cui ti rendi conto fin dal master che devi fare e questo aiuto, però, la prima volta passa attraverso te stessa, la prima persona a cui hai dato un sostegno.

Vorremmo affrontare un tema a lei caro: le neuroscienze e le sue relazioni con il mondo del coaching.
Le neuroscienze sono lo studio scientifico del sistema nervoso ed includono l’anatomia del cervello e le sue funzionalità. La comprensione di cosa succede ad una persona durante un processo di coaching e come quest’ultimo sia efficace perché ricalca in modo evidente, a mio parere, il funzionamento del nostro cervello.
In grande sintesi potremmo affermare che al di là di quello che si è sempre sostenuto, al di là della bellezza del concetto di maieutica che rimane, comunque, un passaggio fondamentale del nostro lavoro e del pensiero umano, le neuroscienze oggi danno una mano fondamentale al coaching spiegando come funziona il processo di cambiamento del nostro cervello.

Può spiegarcelo con qualche dettaglio in più?
Partiamo da un punto fondamentale: la nostra mente è largamente ostile alle novità. Questo perché il cervello si avvale di strutture neurali automatizzate per assicurare la sopravvivenza ed il contenimento del dolore e si affida per questo alla velocità e alla ripetizione. Così facendo si imparano facilmente nuovi comportamenti che non entrano in conflitto con abitudini cognitive ed emotive già consolidate. Quando però il cambiamento incide su situazioni in cui la mente non ha esperienze, ci troviamo di fronte ad un muro difficile da superare.

In cosa ci viene in aiuto la neuroscienza?

Ci viene in aiuto la corteccia prefrontale che mette a disposizione delle risorse fondamentali per il cambiamento. Ma se questa è una buona notizia, la cattiva notizia è che la corteccia prefrontale non si mette in moto da sola ma ha bisogno di due elementi in particolare che sono: il dubbio e l’autocontrollo.

E quindi?
Ecco, il coaching che replica, in altra maniera, il processo che dal dubbio arriva all’autocontrollo parlando di consapevolezza e di piano d’azione. Nella sostanza si parte dal dubbio che la persona ha con sé e si arriva ad una nuova consapevolezza ovvero un Piano d’azione. Quest’ultimo viene supportato dal coach che di volta in volta focalizza i comportamenti messi in atto e verifica, insieme al suo coachee, la congruità rispetto al Piano stesso, dando un nuovo sostegno all’autocontrollo.
Consapevolezza ed Action Plan, due concetti basilari del coaching che ci aiutano rendendo più facile il cambiamento che vogliamo.

Una delle tue passioni extra-lavorative è il canottaggio, sport individuale e di squadra che ci fa tornare in mente gli allori degli Abbagnale e le accalorate coinvolgenti e allora inusuali telecronache di Giampiero Galeazzi…

Si, assolutamente e lo pratico abitualmente anche se è dalla diffusione della pandemia che sono ferma. Mi capita di partecipare anche a gare, ma solo con finalità sociali o benefiche come nel caso “Via le Mani” finalizzata a combattere la violenza di genere. Una gara con barche da otto, con equipaggi misti che si confrontano sul Tevere.
Per me il canottaggio più che uno sport è una disciplina di vita, non puoi vincere o semplicemente avanzare senza che tutti si muovano coordinati.