Con la coach Sabrina Burgoni parliamo di Business coaching psychology e potenziamento del benessere

18 Maggio 2020 09:40
12 min.

A diversi mesi dalla nostra conoscenza incontriamo, con la distanza di uno schermo, la coach Sabrina Burgoni per poterla conoscere meglio, tra aspetti professionali e qualche particolare della sua vita privata.

Sabrina Burgoni

Cosa è che l’ha spinta ad entrare nel mondo del coaching ed in particolare della Business Coaching Psychology?
Per capire il motivo che mi ha indirizzata verso il coaching ed in particolare alla Business Coaching Psychology, devo prima dirvi qualcosa di me e del mio mondo come persona.
Sono una professionista appassionata di campo umano e di processi arrivando dalla Psicologia Clinica, dove ormai anni orsono ho conseguito le mie prime due lauree.
Ho iniziato a seguire le persone da un punto di vista medico ed umano per quanto riguardava il disagio per diversi anni, finché un giorno quasi per uno scherzo fortuito del destino mi sono imbattuta nel coaching.

Che tipo di “incontro fortuito?” A cosa si riferisce esattamente?
Mi riferisco allo splendido regalo di una mia amica, nonché quasi collega, che in un giorno non sospetto decise di passarmi degli incarichi aziendali per cui era stata contattata, ma che lei non si era sentita di accettare, in quanto, a differenza mia non aveva terminato il suo percorso di studi.
Mi ritrovai così catapultata per la prima volta nella mia vita professionale a lavorare con degli Store Manager di un Brand, colosso nel settore della Fashion, insieme ad altri tre colleghi con una seniority di circa 35/40 anni nel mondo della consulenza e del Business Coaching .
Fu amore a primo incarico. Il clima che si creò fu una vera e propria magia…diversamente dai miei soliti incarichi clinici, qui si portava sviluppo! Sviluppo a 360°, ed in sintonia con clienti e colleghi.
Da lì è partita la mia scelta di dedicarmi con tanta passione al mondo del coaching.

Ci parlava in particolare di Business Coaching Psychology, cosa è esattamente e perché proprio questo filone del Coaching e non un altro?
La risposta è semplice: perché la Business Coaching Psychology è la fisiologica evoluzione del percorso clinico alla base dei miei studi.
La Business Coaching Psychology infatti si occupa di integrare tre aree di competenza, che sono:
Business & Organizzazione, Psicologia e Coaching.
Mi sembrava logico che, avendo delle solide fondamenta in psicologia, mi indirizzassi verso questo filone del coaching che è “evidence based” ed affine alla mia materia, per la quale penso di avere solide fondamenta e mi sento a mio agio.
Per spiegare meglio cosa sia la Coaching Psychology utilizzerò ora due definizioni classiche che ancora oggi restano attuali.
Secondo Grant e Palmer (2002), la Coaching Psychology può essere descritta come un processo «finalizzato al potenziamento del benessere e della performance sia nella vita personale che professionale, supportato da modelli di coaching fondati da teorie e approcci psicologici nell’apprendimento degli adulti».
E ancora, secondo L’Austrialian Psychological Society – IGCP è «un’applicazione della psicologia positiva, che fa leva e sviluppa i principali approcci psicologici e può essere intesa come l’applicazione sistematica della scienza del comportamento al miglioramento dell’esperienza, della performance lavorativa e del benessere dell’individuo, di gruppi o di organizzazioni che non hanno disturbi di salute mentale clinicamente rilevanti o livelli eccessivi di disagio».

All’inizio della nostra intervista ci diceva che ci avrebbe parlato un po’ di lei e della spinta verso l’attività di Coach, ma non ci ha spiegato quale sia stata esattamente la molla che le ha fatto fare il salto dalla Clinica al settore Organizzativo. Cosa è accaduto esattamente dentro di lei per fare questo salto professionale?
Facendo una riflessione molto sincera, ad oggi posso dire che ho visto nella Business Coaching Psychology, la possibilità di seguire gli individui non più per quanto riguardava il disagio psichico puro, ma soprattutto per tematiche legate al lavoro e quindi alla vita stessa e ai vissuti di quotidianità, senza tralasciare mai quella che era l’attenzione in primis alla persona ed al suo valore intrinseco oltreché sociale.
Questo pensiero è stata la lampadina che mi si è accesa all’improvviso in testa durante i primi incarichi, mostrandomi che volevo si occuparmi di persone, ma principalmente volevo curare la loro evoluzione più che il loro disagio; lo sviluppo ed il potenziamento degli individui all’interno del loro ruolo organizzativo, sociale, li avrebbe poi portati come conseguenza a stare meglio anche da un punto di vista psichico, perché noi tutti siamo in un continuum di coerenza interna, tale per cui nonostante cambiamo i nostri ambienti di riferimento, ci portiamo appresso le stesse modalità di relazione e comunicazione che utilizziamo quando siamo nella nostra vita privata.
Allo stesso modo trasportiamo da un ambiente all’altro le nostre credenze (comprese le false) e i nostri valori. Per quelli che sono il mio punto di vista e la mia prospettiva personale posso dire che sentire la gioia delle persone quando riescono ad attuare un cambiamento positivo nella loro attività professionale con risvolti positivi anche sul piano personale e familiare, ed esserne partecipe, perché si è stati coinvolti nel processo di sviluppo come “mezzo di accelerazione”, lascia una enorme sensazione di gratificazione ed utilità sociale che davvero non possiede eguali.
Se mi chiedessero di cambiare anche solo una virgola del mio percorso di studi, di scelte e di lavoro, affermerei con certezza che “NO”, perché questa sono io e non rinnego nulla, anzi, sono estremamente felice di ogni singola scelta presa e di ogni singolo mattone messo per costruire la casa della complessa e sfaccettata figura professionale che sono diventata ad oggi, con tutti i sacrifici del caso. Questo perché amo gli esseri umani e di conseguenza sono interessata a chi sono, a cosa fanno e al loro completo benessere psico-fisico.

Perfetto, ma mi dica un’ultima cosa. Quanto valore e carica di positività per una persona hanno le passioni verso attività extra-lavorative? E per lei quale è questa passione?
Concordo con il fatto che le passioni sono il motore che spinge le persone a migliorarsi anche da un punto di vista lavorativo, perché fanno parte della vita del mondo interiore della persona e quindi danno quella coloritura emotiva e significante all’esistenza.
Per me lo sono state e lo sono in parte tuttora la musica e le arti marziali. Suonavo il sassofono tenore e ero all’interno di una banda numerosa. Lo studio della musica e il rapporto con il resto della banda mi hanno aiutato a concentrarmi su di me e sulle persone. Stessa cosa è accaduta durante i lunghi anni di Kung-fu e Thaj-chi-quan, fatti di esercizi e insegnamento, imparando la disciplina. Ho acquisito una parte di flessibilità mentale tale per riuscire a interagire con gli altri in un certo modo quindi imparando a conoscerli sia da un punto di vista psicologico che fisico, posturale preoccupandomi anche di loro perché non si facessero male.