A spasso con Federica Federico dialogando di coaching, comunicazione e performance

29 Ottobre 2021 07:44
10 min.

Un colloquio aperto anche alle vita private, quello con la coach Federica Federico, che ci ha portato alle origini del suo lavoro: la comunicazione, una comunicazione che lei ha potuto analizzare e sperimentare anche nella particolare relazione tra medico e paziente.

Cosa ti ha portato al mondo del coaching?
La passione per la comunicazione è stata il “fil rouge” di tutta la mia vita professionale. Ho lavorato con diverse aziende, dalle più strutturate a quelle familiari, da quelle più formali a quelle informali, da quelle con un respiro internazionale a quelle che dell’italianità hanno fatto un tratto distintivo. Questo mi ha permesso, in oltre vent’anni, di capire punti di forza e debolezza delle diverse organizzazioni, gli stili di leadership, l’importanza di una buona comunicazione ad ogni livello. Il coaching è proprio questo per me: comunicazione prima di tutto. Una comunicazione congruente al raggiungimento del benessere e degli obiettivi che ci prefiggiamo.

Federica Federico
Federica Federico

Come sei arrivata alla comunicazione medico – paziente?
Tra i vari clienti, avevo agenzie del comparto congressuale medico. Capitava di relazionarmi con decine di relatori diversi per giorni e giorni e ad un tratto è stato inevitabile concentrarmi sul loro stile comunicativo e notare le caratteristiche di chi era un ottimo divulgatore e chi, seppur con un’evidente preparazione, non arrivava al pubblico che infatti si presentava distratto, poco attento durante quelle relazioni: la forma pregiudicava il contenuto. Così, in occasione della mia tesi di laurea in comunicazione, ho proposto, ad uno dei dipartimenti dell’Ospedale San Filippo Neri, un progetto di ricerca sulla comunicazione medico-paziente. In sostanza, attraverso un questionario anonimo elaborato attraverso interviste di persona, chiedevo a medici, infermieri e tecnici, quali elementi portavano nella comunicazione con i loro pazienti e quali avrebbero voluto approfondire per sentirsi più forti. Il quadro emerso fu illuminante. Iniziai a proporre progetti formativi alle agenzie con le quali collaboravo dapprima solo di ambito sanitario, poi piano piano ho applicato alla comunicazione le tecniche di counseling e di coaching e ho esteso la mia offerta formativa. L’obiettivo è sempre supportare le persone nella massima espressione di loro stesse. Un processo che non si arresta, anzi, cresce ogni giorno. Per me sarebbe impossibile coinvolgere le persone in percorsi di crescita personale e professionale, se non fossi per prima appassionata di formazione intesa proprio come un continuo migliorarsi. Attualmente, ad esempio, oltre a seguire costantemente corsi di aggiornamento sul coaching, sono iscritta alla magistrale di psicologia: dopo più di vent’anni nel mondo del lavoro, continuo ad essere studentessa, io per prima.

Sei stata per oltre 10 anni manager di un’agenzia per attori, passando dall’ambito medico alla performance artistica, che differenze hai trovato?
Quando ci si concentra sulla persona, il lavoro che svolge e l’ambiente in cui è inserita, diventano uno degli elementi da valutare in base a quanto limiti, accolga e dia la possibilità all’individuo di esprimersi. Ma non è l’unico, la persona è sempre al centro. Ho cercato, nelle mie scelte professionali, di seguire le mie passioni e necessità, tracciando un percorso ideale di conoscenza delle organizzazioni, cercando di capirne differenze e, soprattutto, possibilità di espansione creativa, espressiva, comunicativa. Che poi è esattamente la mia esigenza personale: andare a fondo alle illimitate possibilità della comunicazione che, quando è fatta bene, ci mette in pace con noi stessi e con il mondo che ci circonda. Il lavoro del coach è anche questo: aiutare il cliente a dipanare il groviglio di pensieri, idee, progetti e sensazioni che prova e trasformarli in un progetto chiaro e concreto.

Utilizzi tecniche di coaching anche nella vita privata?
Sicuramente essere coach mi ha aiutata a sviluppare una modalità comunicativa più efficace e soddisfacente anche nella vita privata. Sono più consapevole e questo mi aiuta nella gestione dei conflitti che inevitabilmente si presentano. Una comunicazione efficace che favorisca il rinforzo positivo, indirizzi al come dare regole di comportamento, lavorando al contempo su aspettative e bisogni individuali, magari incrementando anche le abilità di problem-solving, è un grande aiuto, persino con i figli. Sicuramente sono risorse preziose da utilizzare nella vita di tutti i giorni.

La tua vita è anche fatta di impegno verso gli altri in quanto volontaria di un’associazione per l’assistenza psicologica alle vittime di eventi critici. Di cosa si tratta?
Si, per me è un grandissimo onore far parte di SIPEM SoS Lazio, sede regionale della SIPEM SoS Federazione (Società italiana di psicologia dell’emergenza). Un gruppo di persone straordinarie e preparatissime che lavorano all’interno della Protezione Civile e che si attiva in occasione di maxi emergenze sul territorio nazionale e di emergenze a carattere limitato nella Regione Lazio. Durante l’emergenza Covid 19 ad esempio, l’associazione ha offerto supporto psicologico telefonico alla popolazione attraverso diversi progetti e numeri verdi gratuiti, sia a carattere locale, che nazionale. Lo scopo dell’associazione è la prevenzione e la cura delle vittime e dei soccorritori a rischio di patologie legate ad esiti traumatici.

Quando tutti gli impegni verso gli altri terminano come dedichi il tempo a te stessa? Hai qualche passione che ti porta verso altri lidi?
Amo camminare, in montagna, al mare e, quando non è possibile, anche in città. Qualche anno fa ho iniziato a farne anche un percorso da proporre ad alcuni clienti che sapevo avrebbero accolto positivamente l’iniziativa: in pratica ho trasferito gli incontri di counseling e coaching all’aria aperta, camminando: un modo per tenere il nostro corpo e la nostra mente allineati allo stesso obiettivo di benessere.