Osservatorio 4.Manager: Capitale manageriale e strumenti per lo sviluppo

29 Ottobre 2019 08:32
8 min.

Leggendo il secondo Rapporto dell’Osservatorio 4.Manager, una delle osservazioni che salta più agli occhi e che dovrebbe far riflettere l’intero sistema Italia è quella dell’OCSE: «il sistema italiano di formazione permanente non è attrezzato per le sfide future». Un futuro fatto di molti cambiamenti, conseguenza della globalizzazione e che impattano qualunque ambiente umano e naturale. E appunto la formazione è uno degli impegni più pressanti.

Il rapporto è il risultato di un’indagine approfondita  che ha utilizzato diverse fonti, con analisi e dati provenienti dalla Banca dati INPS, da colloqui individuali e da una indagine campionaria.

Per affrontare qualsiasi questione occorre prima comprendere la realtà per poi individuare gli strumenti concreti da utilizzare per incidere su quella realtà: il Rapporto ha proprio questa valenza, aiutandoci in questo processo. “Capitale manageriale e strumenti per lo sviluppo”, questo il titolo del rapporto, che “indaga i nuovi scenari produttivi, le caratteristiche e lo sviluppo delle competenze manageriali, le dimensioni e le cause del mismatch tra domanda e offerta di competenze per fornire suggerimenti sulle azioni e gli strumenti da realizzare e per migliorarne la diffusione”. In questa maniera 4.Manager, Confindustria e Federmanager, intendono “promuovere la diffusione di una cultura d’impresa che sia davvero all’avanguardia, innovativa, competitiva e internazionalizzata, attingendo al grande patrimonio industriale italiano che merita il nostro impegno. Da qui, l’attenzione costante che rivolgiamo alle competenze manageriali, intese come driver di sviluppo del fare impresa”.

Manager e imprenditori – nell’elencare i principali fattori che stanno modificando le imprese – hanno posto ai primi tre posti, non a caso, nell’ordine: la trasformazione tecnologica e digitale, l’accelerazione dei cambiamenti e l’aumento della complessità. E non è nemmeno un caso se “una quota sempre più significativa della domanda mondiale di competenze manageriali si sta orientando nella direzione di figure talmente innovative da risultare ancora scarsamente definite e, in alcuni casi, addirittura prive di una denominazione condivisa. È il caso, ad esempio, di tutte quelle figure che devono operare con le tecnologie abilitanti o, più in generale, con quelle che possiamo riassumere come “leader digitali”. L’E-leader è una figura complessa, che dispone di competenze hard (mondo digitale), soft (leadership), una particolare attitudine ad anticipare i cambiamenti rilevanti per l’organizzazione e a coglierne le opportunità”.

Anche in questo studio poi emerge che per domare a proprio vantaggio questi mutamenti, dai modelli di business alla tecnologia alla comunicazione, non si può prescindere dalla Cultura Aziendale, “elemento determinante, che può favorire od ostacolare la buona riuscita del cambiamento […] l’innovazione tecnologica – intesa come fattore della produzione – non può essere imposta o prescritta dall’imprenditore o dai manager; è un “gesto” culturale, strategico e creativo-sistematico, che deve necessariamente coinvolgere tutti gli attori […] ai vertici aziendali è richiesta una nuova “abilità culturale”: l’attitudine a cogliere i segnali – sfide e opportunità – provenienti dall’ambiente esterno e dai trend di mercato presenti e futuri”.

Altro aspetto interessante da prendere in considerazione emerso dalla ricerca è la tendenza all’ibridazione, oserei dire, tra le Soft e le Hard skills dei manager. Tra le prime più richieste ai manager troviamo quella di “saper comunicare e motivare le persone” e la “flessibilità e capacità di adattamento rapido ai cambiamenti”; mentre per le Hard figurano ai primo posti  la “conoscenza delle lingue straniere” e la “capacità di scrittura e comunicazione verbale”.

Il rapporto precisa che le competenze manageriali, nell’attuale fase che vede in corso diffusi processi di digitalizzazione, possono esser quelle indicate dal World Economic Forum (problem solving, critical thinking, people management, collaboration, ecc.) e dal modello europeo DigComp 2.1 (centrato su 8 livelli di skills, sia tecniche che soft, necessarie per lavorare in ambiente digitale). Ma dalle interviste agli opinion leaders “emerge una forte esigenza di competenze manageriali in senso stretto, non specificamente tecniche, soprattutto in termini di Leadership/General Management” e cioè gestione del team, capacità di negoziazione, capacità di delega, insieme ad altre connesse alla leadership, che “appaiono oggi sempre più necessarie, come già rilevato nel corso di precedenti studi condotti dall’Osservatorio, e che sono le seguenti: decision making, capacità adattativa, gestione del cambiamento. Tali competenze riguardano, a detta degli intervistati, sia gli imprenditori che i manager: anche gli imprenditori, in altre parole, dovrebbero in un certo senso “managerializzarsi”, acquisendo le stesse capacità gestionali, di leadership e di change management che caratterizzano l’operato di un manager”.

Questo di cui abbiamo parlato è sono una piccola parte delle analisi, dei dati, degli spunti  che la ricerca contiene e che potrete leggere con maggiore approfondimento su:
https://www.4manager.org/wp-content/uploads/2019/10/2%C2%B0-Rapporto-Osservatorio-Def.pdf